Il nuovo contratto per i lavoratori statali sembra essere in dirittura di arrivo. Oggi, 8 novembre, i sindacati sono stati ricevuti all’Aran per riprendere il tavolo tecnico e per trovare un accordo con quanto propone il Governo in virtù dell’atto di indirizzo che il Ministro per la Funzione Pubblica Madia ha dato all’Agenzia per la Contrattazione. Come riporta il quotidiano “Il Sole24Ore”, l’Aran ha presentato ai sindacati la bozza di contratto. Dopo l’intesa trovata nel novembre 2016 e dopo la pausa necessaria per predisporre la manovra di Bilancio, il Governo ha dato il via alla fase finale della trattativa.

Un accordo non semplice da trovare per la questione cifre. L'attesa maggiore è proprio sull’adeguamento dello stipendio bloccato da oltre 8 anni e sulle cifre da erogare come arretrati ai lavoratori. Nel nuovo contratto presentato dall’Aran però compaiono anche diverse novità che provengono da quanto stabilito dalla riforma, che pochi mesi fa il Ministero della Pubblica Amministrazione è riuscito a completare.

Un contratto “moderno”

Molti elementi che hanno fatto capolino nella bozza di contratto dell’Aran erano già finiti nella discussione legata alla riforma della Pubblica Amministrazione. Per esempio, le unioni civili verranno considerate alla stregua dei normali matrimoni di fronte ai permessi di 15 giorni destinati ai lavoratori che si sposano.

La Pubblica Amministrazione diventa il primo settore lavorativo dove matrimonio ed unione civile godono dello stesso trattamento e, secondo il quotidiano, si tratta di un primo passo verso l’equiparazione dei diritti in tutti i settori di lavoro, dal pubblico al privato. Nel nuovo contratto si allargano le maglie dei permessi retribuiti senza penalizzazioni di stipendio.

Secondo la bozza, anche i giorni successivi a quelli in cui si effettuano i trattamenti per i tumori, come la radioterapia o la chemio, vanno coperti con permessi retribuiti con lo stipendio intero. Questo perché, come quadro clinico, determinati trattamenti presentano effetti collaterali proprio nei giorni successivi a quelli in cui si praticano le cure.

Infine, come previsto dalla riforma, lotta serrata agli abusi dei permessi legge 104. In pratica nel nuovo contratto il Governo prevede di inserire un nuovo meccanismo di richiesta dei permessi relativi a quella legge. I permessi non potranno essere richiesti dopo l'inizio dell’orario di lavoro e solo in casi gravi 24 ore prima dell’assenza. In definitiva, anche i permessi per legge 104 devono finire in quella che viene definita programmazione mensile, al fine di non ingessare le attività degli uffici, permettergli di programmare meglio le loro attività e di fornire sempre un servizio a pieno regime ai cittadini che si rivolgono alle PA.

Questione stipendi

Ipotizzare un accordo su queste novità di carattere tecnico può essere semplice, visto che come già dicevamo, si tratta di argomenti che erano già stati affrontati nella fase di riforma.

Diverso il capitolo stipendio perché è su questo punto che i sindacati fanno muro e minacciano manifestazioni ed assemblee come quella per il comparto Scuola il 15 e 16 novembre. Evidenti i problemi sulle cifre che riguardano da vicino anche gli Enti Locali. I calcoli su quanto spetterebbe di aumento per il nuovo contratto dopo la sentenza della Consulta del 2015 sembrano non essere in linea con la promessa degli 85 euro che resta l’ultima vera proposta del Governo e che era parte integrante della bozza di intesa del novembre 2016. Per garantire 85 euro al mese a lavoratore, servirebbero 5 miliardi di euro. Il Governo ne ha stanziati poco meno di 3 con la nuova manovra, a cui si devono aggiungere i 300 milioni della scorsa Legge di Bilancio ed i 900 immessi ad anno in corso e confermati nella nota di aggiornamento del DEF.

I soldi mancanti ai 5 miliardi prima citati, sarebbero a carico degli enti locali con l’Anci (associazione dei sindaci), che si dichiara preoccupata perché agli Enti Locali non resterà che tagliare altri servizi per trovare quanto mancante alla voce rinnovo contratto lavoratori pubblici. Siamo di fronte alla classica coperta corta che se la tiri da un lato scopre quell’altro e viceversa. Senza considerare che nei 5 miliardi utili ad adeguare gli stipendi alle 85 euro promesse, non vengono considerate le cifre arretrate che i lavoratori hanno maturato nel 2016 e 2017, anni in cui la Consulta ha già sancito che venisse adeguato il contratto. Anche ipotizzando la riuscita dell’operazione arretrati una tantum da 500 euro massimo a lavoratore, che per i sindacati è troppo poco rispetto a quanto perduto di potere di acquisto dai lavoratori per 8 anni di blocco, le cifre sarebbero troppo alte per i soldi a disposizione.