"Se non adeguiamo l'età pensionabile alla speranza di vita distruggiamo l'occupazione": è l'ultima presa di posizione del Presidente Inps Tito Boeri in merito alla discussione in corso di sviluppo sul prossimo scatto di cinque mesi che dovrebbe prendere forma dal 2019. Secondo l'economista alla guida dell'Istituto pubblico di previdenza, il problema deriva dal fatto che gli assegni sono attualmente sostenuti dai contributi versati per i contratti in essere. Sulla base di questa evidenza, una sterilizzazione del parametro si tradurrebbe nell'aumento del carico fiscale per i contribuenti, con un impatto negativo sull'occupazione.

Il nuovo allarme è stato espresso durante un convegno organizzato dal Cerved a Milano sulle Piccole e medie imprese. Ma tra le tematiche previdenziali discusse durante l'occasione si è parlato anche di coloro che ricevono assegni alti e sulla differenziazione della speranza di vita in base al tipo di lavoro svolto.

Pensioni e assegni elevati: ragionevole distribuire dal pensionato ricco a povero

Riguardo alla ricerca di maggiore equità dal punto di vista dei redditi previdenziali il Presidente Inps ha poi suggerito un possibile intervento su chi percepisce assegni alti. Alla base c'è l'idea che i pensionati più ricchi avranno in media un'aspettativa di vita più elevata, pertanto può essere ragionevole "una redistribuzione da un pensionato ricco a quello più povero".

Sull'Adv serve l'accesso a numerose banche dati

Entrando invece nel merito delle possibili tipologie di lavori esentati dall'adeguamento alla speranza di vita Boeri suggerisce la creazione di un'apposta Commissione, che dovrebbe occuparsi di "identificare le categorie che hanno una speranza di vita più breve". Per riuscirci, serve però estendere l'accesso delle diverse banche dati, tra qui quelle del Ministero del Lavoro, della Salute e dell'Inail, oltre che della stessa Inps.

I sindacati chiedono di estendere la discussione e preparano la mobilitazione

Resta il fatto che al momento un accordo sull'aspettativa di vita tra Governo e sindacati appare ancora lontano. Mentre questi ultimi lamentano anche altre importanti lacune, ad esempio sull'estensione dell'APE e sugli agli temi previsti dall'accordo di FASE 2 siglato a settembre 2016.

Tanto che l'avvio di una nuova mobilitazione generale sembra sempre più probabile ogni volta che continuano a susseguirsi nuove dichiarazioni e prese di posizione.

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