Dall’incontro di sabato è uscita fuori una nuova proposta del Governo, o meglio, sono stati aggiunti altri due punti a quella che l’Esecutivo presentò ai sindacati lunedì 13 novembre. Ormai l’apertura del Governo ad intervenire sul tema dell’aspettativa di vita è cosa nota, come chiaro è il perimetro entro cui l’Esecutivo intende e può muoversi. L’aumento dell’età pensionabile e dei requisiti per la pensione anticipata nel 2019 devono per forza di cose salire. Lo strumento che giustifica questi inasprimenti è sempre l’aspettativa di vita che l’Istat ha confermato come sia in aumento.
Le casse dello stato ed il sistema previdenziale non possono reggere l’eventuale blocco di questi inasprimenti ed il Governo cerca soluzioni tampone come il blocco degli aumenti solo ed esclusivamente a determinate categorie di soggetti. Questo però sembra non bastare per quanto concerne l’intesa con i sindacati, almeno non per tutti. Nelle ultime ore infatti è emerso un dato che pochi potevano immaginare prima del summit di sabato scorso. I sindacati appaiono discordanti sull’accordo che il Governo chiede alla sua proposta.
Sindacati divisi?
Poche settimane fa alla vigilia di uno dei tanti tavoli tecnici tra Esecutivo e parti sociali, queste ultime uscirono con un documento unitario con il quale proponevano le loro soluzioni alle problematiche previdenziali di cui ancora oggi si parla.
Evidentemente nei giorni successivi qualcosa è variato, con la CGIL che sembra rimanere ancorata alla sua rigida posizione e che accusa il Governo di aver approntato un piano per la previdenza che non prevede interventi a favore di giovani e donne. Inoltre, quanto propone l’Esecutivo, cioè interventi in salvaguardia a determinate categorie di lavoratori rispetto all’aspettativa di vita, che dovrebbero riguardare 15mila soggetti, secondo la CGIL è un falso.
Per il sindacato della Camusso che torna a spingere per uno sciopero generale già nei primi giorni di dicembre, i soggetti interessati da quanto proposto dal Governo sarebbero solo 4mila. CISL e UIL invece sembrano più accondiscendenti almeno in base alle dichiarazioni dei leader che si dimostrano soddisfatti di quanto il Governo sta facendo e che ha promesso di fare.
Cosa c’è di nuovo per i lavoratori?
Il sospetto che l’ennesimo incontro non avrebbe chiuso la delicata trattativa era abbastanza diffuso, così come appariva scontato che la proposta fosse condita di una serie di promesse relativi ad ipotetici interventi ad anno nuovo, con provvedimenti ad hoc ed esterni a qualsiasi Legge di Bilancio o altro grande atto di Governo. Sembra ripetersi la storia dell’anno scorso quando si promise di intervenire in corso d’opera con interventi correttivi sul pacchetto pensione della scorsa Legge di Stabilità, come per esempio l’estensione di opzione donna o l’allargamento di platea per l’Ape sociale. Quest’anno però c’è un problema in più in quanto a promesse perché chi le fa, cioè l’attuale Governo non sarà più in carica nel 2018 perché ci saranno le elezioni.
Ecco perché probabilmente lo scetticismo che la CGIL non disdegna di rendere pubblico appare fondato. Resta il fato che dalla nuova proposta esce fuori un intervento a favore della pensione anticipata, quella che prima della Fornero si chiamava pensione di anzianità. È la pensione che si centra senza limiti di età con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 per le donne. Per il 2018 questi parametri resteranno identici, anche l’anno in meno per le donne che nel frattempo si sono viste aumentare, sempre per il 2018, l’età utile alla pensione di vecchiaia, a 66 anni e 7 mesi come gli uomini. Nel 2019 però anche la pensione anticipata verrà ritoccata in aumento, con i contributi utili che diventeranno 43 anni e 10 mesi.
La proposta del Governo segue quella fatta per la pensione di vecchiaia e quindi per le 15 attività gravose (le 11 dell’Ape sociale e di quota 41 e marittimi, pescatori, siderurgici e agricoli), anche i requisiti per la pensione di anzianità resteranno invariati anche nel 2019. Inoltre, per l’Ape sociale che ha la sua naturale scadenza a fine 2018, c’è l’impegno a valutare di aprire un fondo che consenta di prolungare la misura oltre o addirittura di renderla strutturale.