Norme anti precari, contro gli abusi e regole severe per contrastare il fenomeno dell’assenteismo ma anche e soprattutto adeguamento degli stipendi alla sentenza della Consulta e quindi all’inflazione. Il nuovo contratto dei lavoratori statali è ormai pronto, in attesa che la parte finanziaria del documento venga vidimata dalla Ragioneria dello Stato e dalla Corte dei Conti. I sindacati hanno raggiunto l’intesa con l’Aran, l’agenzia che rappresenta il Governo al tavolo del negoziato. L’accordo è relativo solo al comparto della funzione centrale, le agenzie fiscali e tutti i ministeri, in totale 240mila lavoratori circa.
L’organico complessivo dei dipendenti pubblici invece consta di oltre 3 milioni di lavoratori ed è evidente che adesso ci si aspetta il rinnovo anche nei tre comparti più grandi, Sanità, Scuola e forze armate e di Polizia. Ciò che sembrava pura formalità, cioè l’estendere a tutto il resto dei lavoratori dello Stato quanto stabilito per i dipendenti ministeriali, nelle ultime ore non sembra così certo. Ecco il punto della situazione dopo l’incontro tra Aran e sindacati del comparto scuola di ieri come riportato da una attenta analisi del “Corriere della Sera”.
La Scuola
Il numero dei dipendenti ministeriali (240mila) appare irrisorio se si pensa che solo il comparto scuola, tra dirigenti, insegnanti ed Ata consta di 1,2 milioni di dipendenti.
Il primo incontro tra rappresentati dei lavoratori della scuola e Governo, svoltosi martedì, non sembra essere stato molto confortante per quanti erano in attesa di novità. Se per i lavoratori ministeriali sembra non esserci alcun problema a garantire gli aumenti di 85 euro come previsti dal rinnovo, la cifra non sembra certa per il comparto scuola.
Troppo grande il numero dei lavoratori e troppo variegata la caratteristica di ciascuno se si pensa che nel comparto esistono presidi, dirigenti, insegnanti ma anche collaboratori scolastici e ricercatori. Tutti soggetti con salari e fasce retributive diversificate tra loro che rendono complicato trovare il sistema per garantire l’aumento previsto.
Un problema che andrà anche sugli arretrati, forse in misura maggiore perché se per gli aumenti il Governo conta di erogarli a partire dal mese di marzo, per gli arretrati vorrebbe farlo prima, a febbraio. Tempi ristretti che non lasciano margini di errore o di nuove e prolungate trattative. Nel comparto centrale le differenze di livello dei dipendenti, anche se nettamente inferiori a quante ce ne sono nella Scuola, sono state risolte aggiungendo il cosiddetto elemento perequativo ai lavoratori della fascia retributiva più bassa. Questo in modo tale che ai 66 euro di aumento che spetterebbe a questi lavoratori più “poveri”, si va a sommare una cifra intorno alle 20 euro come elemento perequativo.
Le risorse
Il nodo principale è sempre quello delle risorse perché una cosa è finanziare un aumento di stipendio per 240mila lavoratori, un’altra è farlo per 3,2 milioni. Per la scuola le buone intenzioni dell’Esecutivo e la sua estrema volontà nel chiudere il prima possibile il rinnovo hanno fatto nascere l’ipotesi di utilizzare per l’operazione anche i soldi che sono stanziati per altre operazioni del comparto, come il premio per i docenti più virtuosi o il bonus per i professori. Se il comparto scuola presenta queste molteplici complicanze, ancora peggio si profila il rinnovo nella Sanità, perché parte delle risorse utili a questo accordo dovranno metterle gli Enti Locali, cioè le Regioni. Da registrare su questo aspetto le lamentele di molti Governatori che sottolineano come sono messi a rischio servizi fondamentali per la cittadinanza se mai dovessero essere richiesti troppi soldi alle Regioni, le cui casse sono già vessate dai tagli agli enti locali.
Per la Sanità dunque si dovrà passare dalla Conferenza Stato-Regioni, allungando sensibilmente i tempi della soluzione. Per il comparto della pubblica sicurezza invece, il problema che tornerà sul banco nel prefissato summit del 9 gennaio, sarà relativo alla richiesta dei sindacati che hanno fissato in 104 euro lordi e medi l’aumento a dipendente. Una cifra più alta di quanto stabilito nell’accordo di novembre 2016. In pratica tutto ancora in discussione per il resto della PA, perché oggi una cosa appare chiara, come ribadisce il segretario confederale Cisl, Ignazio Ganga, che trasferire una soluzione da un comparto agli altri, non può essere meccanica per la diversità delle aree di interesse.