A marzo gli italiani saranno chiamati nuovamente alle urne, questa volta per eleggere il nuovo Parlamento. La campagna elettorale è già partita e come era prevedibile, uno degli argomenti centrali di tutti gli slogan delle varie fazioni politiche è la previdenza. La Legge Fornero non è stata minimamente intaccata dal pacchetto Pensioni che il Governo ha deciso di attuare nella Legge di Bilancio appena entrata in vigore. La pensione di vecchiaia diventa più lontana per le donne fin da subito, così come l’assegno sociale, mentre per la maggior parte dei lavoratori le pensioni in generale si allontaneranno di 5 mesi nel 2019.
Poco o nulla si è fatto sempre per colpa dei conti pubblici e della sostenibilità del sistema. Adesso, la Lega e il Movimento 5 Stelle continuano a manifestare la volontà di cancellare la Legge Fornero. Ma sarà possibile?
Coperture economiche
Un articolo del Corriere della Sera è molto esaustivo su quello che si può e non si può fare nella previdenza italiana, partendo proprio da quello che dicono i partiti di minoranza che adesso sperano di andare al Governo. Dalla Lega l’abrogazione della Legge Fornero viene pubblicizzata parecchio, però non sembrano esserci soluzioni certe sulle coperture dell’operazione. Dal Movimento 5 Stelle invece sembra che una nuova riforma possa essere coperta dal taglio alle pensioni d’oro.
Innanzi tutto sembra che per pensioni d’oro si considerino quelle che al netto della tassazione ordinaria siano di importo superiore a 5.060 euro al mese. I “Grillini” parlano di taglio ma secondo il Corriere, l’azzeramento totale di queste prestazioni porterebbe un risparmio di solo 4 miliardi per il sistema previdenziale.
Una vera contro-riforma invece sarebbe ben più cara per il sistema, prevedendo una spesa insostenibile.
Sistema a rischio crack
La Cgil, probabilmente il sindacato più rigido tra quelli che hanno partecipato ai ripetuti incontri tra Governo e parti sociali, da tempo chiede l’abrogazione del meccanismo di adeguamento dei requisiti per le pensioni alla stima di vita.
Proprio l’aspettativa di vita è stato l’argomento dell’unico intervento degno di nota che il Governo ha emanato con la manovra finanziaria. Infatti, per via dei dati Istat sulla vita media degli italiani, nel 2019 le pensioni di vecchiaia saliranno a 67 anni mentre quelle di anzianità si centreranno con 43 anni e 3 mesi di contributi per i lavoratori, un anno in meno per le lavoratrici. Tutto questo ad esclusione delle 15 categorie di soggetti dei lavori gravosi in orbita Ape sociale. Questo quanto deciso dal Governo in manovra che consentirà loro di vedere i requisiti di accesso alle pensioni identici agli odierni anche dopo il 2019. Secondo il Corriere della Sera, la spesa previdenziale da sostenere se l’operazione blocco degli aumenti di età pensionabile previsti dall’aspettativa di vita fin dai tempi della Legge Fornero, andrebbero ben oltre i 4 miliardi di risparmi che cancellare le pensioni d’oro produrrebbero.
In pratica, il crack del sistema sarebbe certo anche senza riportare le pensioni di vecchiaia a 65 anni, quelle di anzianità a 40 o tornare alle quote 96, 100 e così via. Basterebbe bloccare l’aumento previsto nel 2019 per causare un esborso nel lungo periodo di oltre 1409 miliardi. Evidente che i 4 miliardi relativi all’evento “cancellazione delle pensioni d’oro”, che sarebbe anche incostituzionale (impossibile azzerare del tutto assegni previdenziali) salverebbero l’Inps solo per un anno. già nel 2019 si tratterebbe di andare quanto meno a tagliare le pensioni a partire da quelle sopra i 2.370 euro netti al mese. Un taglio del 40% per coprire i 16 miliardi di mancati risparmi che nel 2019 il Governo conta di realizzare per via dell’allontanamento delle pensioni.