Argomento sempre caldo è quello delle pensioni, con molti italiani che non riescono bene a districarsi tra le tante e forse troppe novità che ogni anno escono in materia previdenziale. Il 2018 non è da meno, anche se a dire il vero quanto fatto nella Legge di Bilancio non si può definire una vera e propria riforma. Il tema previdenziale che è stato largamente dibattuto a cavallo della stesura e dell’approvazione della manovra di fine anno adesso è argomento centrale della campagna elettorale per le elezioni del 4 marzo. In attesa di ulteriori novità dal nuovo Governo, qualunque esso sia, una dato ormai certo è l’inasprimento dei requisiti previdenziali sia nel 2018 che nel 2019.

La pensione di vecchiaia che da gennaio si è allontanata solo per le donne, nel 2019 si allontanerà per tutti, ecco perché molti sono alla ricerca di una “via di fuga” immediata, per evitare gli inasprimenti. Un’occasione la dà la pensione di vecchiaia a 63 anni, quella offerta dall’anticipo pensionistico, sia con l’Ape sociale che con l’ape volontaria.

L'anticipo

La versione di Ape che è partita prima è quella agevolata, cioè a carico dello Stato. L’Ape sociale però ha precisi connotazioni di assistenzialismo. Si può andare in pensione trovandosi ad almeno 3 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaia che oggi e per tutto il 2018 si centra con 66 anni e 7 mesi di età senza distinzioni tra uomini e donne essendo stata equiparata l’età pensionabile dallo scorso 1° gennaio per tutti.

Nel 2019 si passerà per tutti a 67 anni e pertanto anche l’Ape sociale si percepirà con 5 mesi di ritardo. Rispetto alla pensione di vecchiaia che necessita di almeno 20 anni di contributi versati, l’Ape sociale si centra con 30 o 36 anni di versamenti. I beneficiari infatti sono distinti in 4 grandi categorie tutte formate da soggetti in qualche modo disagiati.

La misura è appannaggio di disoccupati che da 3 mesi hanno terminato di percepire la Naspi e sono senza lavoro stabile, di invalidi con il 74% di invalidità certificata o dei caregivers, soggetti con invalidi sempre al 74% a carico fiscalmente. Per tutte e 3 queste categorie ci vogliono 30 anni di contribuzione versata. L’ultima fascia di soggetti a cui viene concessa l’opzione Ape sociale sono i lavori gravosi, soggetti alle prese con attività logoranti e faticose che ne sconsigliano la permanenza al lavoro in età avanzata.

Le categorie di lavori gravosi sono state da poco implementate e confermate dal decreto attuativo che il Ministro del Lavoro Poletti ha firmato la settimana scorsa. Oltre alle 11 categorie di lavoratori che comprendono edili, maestre, infermieri e camionisti e che nacquero nella manovra di Stabilità del 2016, ne sono state aggiunte 4 e cioè siderurgici, agricoli, marittimi e addetti alla pesca. Per i lavori gravosi i contributi necessari sono 36 dei quali 7 degli ultimi 10 devono essere stati svolti nelle attività logoranti.

Il prestito

L’Ape sociale è partita ufficialmente nel 2017 anche se in ritardo rispetto alla data di avvio prestabilita che era il 1° maggio scorso. L’altra versione di Ape, quella volontaria invece non ha visto ancora il suo lancio ufficiale.

Tutto però sembra pronto con il Governo che è riuscito a chiudere le convenzioni con banche ed assicurazioni. Convenzioni che sono state necessarie perché l’Ape volontaria segna per la prima volta nella previdenza italiana, l’ingresso di soggetti terzi tra Inps e pensionati, cioè banche ed assicurazioni. L’Ape volontaria si centra a partire sempre dai 63 anni come l’Ape sociale, ma necessita di soli 20 anni di contributi versati come la normale pensione di vecchiaia. L’Inps però in questa misura entra solo come soggetto che eroga materialmente gli assegni e che a partire dai 66 anni e 7 mesi dei lavoratori, inizierà a trattenere i soldi sulle vere pensioni.

Le pensioni in regime di Ape volontaria infatti saranno un vero e proprio prestito erogato da una banca a carattere mensile di importo pari alla pensione maturata alla data di presentazione della domanda di anticipo pensionistico.

Denaro che finirà nelle tasche dei neo pensionati in anticipo ma che poi dovrà essere restituito alla banca che ha erogato il finanziamento. Un prestito naturalmente gravato di interessi e di spese assicurative a copertura della premorienza del beneficiario. Come riporta il Sole 24 Ore il tasso di interesse dell’operazione che è uscito fuori dalle convenzioni è tra il 2,83 ed il 2,93% di Tan e tra il 5,89 ed il 6,23% di Taeg. Stando ai calcoli, compresi quelli della detrazione spettante ai beneficiari dell’Ape che potranno scaricare interessi e spese con le dichiarazioni dei redditi, il costo globale, tutto compreso sarà pari ad un 3,3% annuo per 20 anni che resta la durata del periodo di restituzione del prestito.