Durante la lavorazione della Legge di Bilancio che dal 1° gennaio è in vigore si è fatto un gran parlare di aspettativa di vita e di estensione delle platee di soggetti da agevolare rispetto ai previsti aumenti di età e requisiti per le pensioni. Dopo l’equiparazione dell'età pensionabile per la quiescenza di vecchiaia tra uomini e donne, con decorrenza 1° gennaio 2018 (tutti a 66 anni e 7 mesi), nel 2019 è già previsto l’ennesimo scatto di 5 mesi per tutte le forme di pensione previste oggi dal nostro ordinamento. La manovra ha allargato ad altre 4 categorie di lavoratori la definizione di lavoro gravoso molto importante proprio in funzione dell'aspettativa di vita.

Il fatto che il lavoro gravoso è un principio che ha permesso di stabilire a chi erogare l’Ape sociale o la Quota 41 ha generato confusione rispetto alle esenzioni dagli aumenti per l’aspettativa di vita previste proprio per queste categorie. L'Inps con la circolare n° 33 del 23 febbraio ha chiarito alcuni aspetti molto importanti per i precoci e per chi è nell'orbita del beneficio dell'Ape sociale.

Lavori gravosi, Ape e quota 41

Ricapitolando, la Legge di Bilancio uscita a cavallo del referendum costituzionale di fine 2016 e che ha interessato due Governi, quello di Renzi e quello a lui succedutosi, cioè il Gentiloni ha partorito due grandi novità previdenziali, l’Ape sociale e quota 41. Sono due misure parallele perché destinate alla stessa tipologia di soggetti ma con requisiti diversi.

L’Ape sociale permette l’anticipo della pensione di vecchiaia mentre la quota 41 permette l’anticipo della pensione che una volta si chiamava di anzianità. L’Ape si centra con almeno 63 anni di età e con 30 o 36 anni di contributi versati. La quota 41 si centra con 41 anni di contribuzione versata della quale almeno uno anche discontinuo versato prima del compimento dei 19 anni di età.

I soggetti interessati alle due misure sono della stessa specie, cioè disagiati reddituali, di lavoro, di salute o di famiglia. Ambedue le misure infatti si rivolgono a disoccupati, invalidi, con disabili a carico o alle prese con i lavori gravosi. Proprio per questi ultimi, la nuova manovra ha allargato il campo ad altre 4 tipologie di lavoratori che si vanno ad aggiungere alle 11 previste dalle misure in prima applicazione.

Marittimi, pescatori, siderurgici e agricoli si aggiungono a camionisti, edili, maestre ed infermiere e a tutte le altre categorie di lavoro logorante.

Età e contributi in aumento

Nel pacchetto previdenziale dell'ultima Legge di Stabilità è stato confermato l’aumento di 5 mesi di età pensionabile e contributi da versare dal 2019. Serviranno 5 mesi in più sia per la pensione di vecchiaia che per la pensione anticipata. Per la prima serviranno 67 anni di età e per la seconda 43 anni e 3 mesi di contributi versati. Questo inasprimento varrà per tutti tranne che per le 15 categorie di lavoro gravoso previste oggi. In pratica un edile potrà andare in pensione nel 2019 ancora con 66 anni e 7 mesi di età o con 42 anni e 10 mesi di contributi.

La circolare dell'Inps ha confermato che sarà questa l’unica differenza relativa all'aspettativa di vita, cioè solo per i due pilastri del sistema previdenziale, la pensione di vecchiaia e la pensione di anzianità. La speranza che questo inasprimento non venisse conteggiato anche rispetto a misure come la quota 41 e l'Ape Social è definitivamente tramontata. A dire il vero questa opzione non era mai stata confermata da nessuno ma era una speranza resa lecita dal fatto che si parlava di lavoro gravoso. La quota 41, ma anche l'Ape sociale se mai venisse confermata come misura strutturale anche dopo il 31 dicembre 2018, subiranno dal 2019 l'inasprimento, anche in questo caso di 5 mesi. I precoci dunque dovranno centrare 41 anni e 5 mesi mentre per l’Ape Sociale si dovrà raggiungere i 63 anni e 5 mesi di età.

Questo quanto si evince dalla circolare di cui abbiano parlato in precedenza: se non altro ha chiarito che per le due misure non ci sarà alcuna agevolazione rispetto al temuto aumento per l'aspettativa di vita.