È cambiato tutto per l’istituto delle visite fiscali con l’entrata in vigore delle nuove regole dal 2018. Nuova normativa e nuove regole che hanno prodotto la nascita del polo unico per le visite fiscali che adesso è in capo all’Inps. Come sempre però le riforme lasciano in campo problemi tecnici e di interpretazione che vanno risolti. Prima l’Inps e poi il Consiglio dei Ministri hanno cercato di fare chiarezza su alcuni aspetti riguardanti le nuove regole a cui devono sottostare i lavoratori che sono in malattia o in infortunio, indipendentemente dal fatto che siano dipendenti del settore privato o della Pubblica Amministrazione.

Sul tema infortuni sul lavoro è sorto il problema forse maggiore, perché tra le esenzioni dalla reperibilità e delle visite domiciliari non c’è traccia nella nuova normativa.

Infortuni sul lavoro

Esiste ancora l’esenzione dalle visite fiscali e quindi dalla reperibilità per lavoratori vittime di un infortunio sul lavoro? Questo dubbio è lecito perché l’infortunio sul lavoro nella precedente normativa era una delle cause di esclusione dal dovere di sottostare agli orari di reperibilità per la visita fiscale domiciliare, mentre nella nuova non vi è nulla che richiami a questo aspetto. Oggi non vi è obbligo di restare a casa per la visita fiscale nei casi di patologie gravi e terapie salvavita, invalidità riconosciute con grado superiore al 67% e cause di servizio.

La mancanza della legge però non è una cancellazione di questa esenzione perché l’Inps ha chiarito che non può andare in conflitto di competenza con l’inail che è l’Ente preposto a verificare e sancire un infortunio sul lavoro o una malattia professionale. Anche se l’Inps è diventato l’unico ente adibito alle visite fiscali, ciò non vuol dire che quanto affermato dall’Inail che certifica in infortuni, debba essere messo in dubbio dall’Inps inviando i medici legali a cassa del lavoratore.

In definitiva anche se non espressamente citato nelle norme, l’obbligo di reperibilità non c’è per malattie professionali o infortuni sul lavoro.

Obbligo di reperibilità

Altra sostanziale differenza che però in questo caso viene espressamente specificata dalla legge e richiamata da numerose sentenze della Cassazione, anche il periodo di comporto resta differente tra malattia e infortunio.

Cosa risaputa è il limite massimo di malattia che un dipendente può sfruttare (il comporto) e che varia in base ai CCNL di categoria e che genericamente è pari a 6 mesi per dipendenti con anzianità fino a 3 anni e che sale man mano che l’anzianità di servizio aumenta. Nell’infortunio sul lavoro il periodo di comporto non viene applicato e quindi il lavoratore ha diritto a conservare il posto di lavoro anche oltre i 6 mesi. Lo stesso vale per le malattie derivanti da omesse procedure di sicurezza o da carenze in quanto a tutela della salute del lavoratore da parte dell’azienda. I chiarimenti Inps sono stati rafforzati la scorsa settimana anche dalla Presidenza del consiglio dei Ministri che ha confermato la competenza unica dell’Inail e non dell’Inps in materia infortuni ed è questa la giustificazione data all’assenza di questa fattispecie tra quelle relative alle esenzioni in normativa.

L’Inps quindi resta competente in materia di malattia con i nuovi orari di reperibilità validi dallo scorso gennaio. Per i lavoratori del settore privato bisogna restare a casa tra le ore 10:00 e le 12:00 del mattino e tra le ore 17:00 e le ore 19:00 la sera, mentre nel Pubblico Impiego dalle 09:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00.