Dopo quasi 10 anni di attesa e dopo lunghe e farraginose trattative, tutti i lavoratori della Pubblica Amministrazione hanno un nuovo contratto: tra dicembre 2017 e febbraio 2018 tutte le piattaforme di rinnovo per ogni singolo comparto sono state chiuse positivamente. Nuovi contratti con nuove regole di lavoro ma soprattutto, con aumenti salariali da troppo tempo fermi ed arretrati per il biennio 2016-2017 che è quello da cui parte il nuovo documento sottoscritto da Aran e dai sindacati di ogni area della PA. Prima i Ministeriali e poi via via le Forze Armate e Forze dell’Ordine, la Scuola, la Sanità e gli Enti Locali hanno visto la fumata bianca del nuovo contratto che per tutti scadrà il prossimo 31 dicembre.

Adesso l’attesa è per i lavoratori che non si sono visti ancora accreditare i soldi relativi agli arretrati ed agli aumenti in busta (solo i Ministeriali hanno già completato la procedura). L’iter del rinnovo, dopo il via libera del Consiglio dei Ministri, prevede il passaggio dei nuovi contratti alla Corte dei Conti che li deve autorizzare ed anche giudicare. La notizia delle ultime ore è che la Corte dei Conti in riferimento al nuovo documento dei lavoratori del comparto Funzioni Centrali, cioè i Ministeriali, ha bocciato tutto anche se ne ha autorizzato il via libera. Una bocciatura che i giudici hanno esteso a tutta la riforma della Pubblica Amministrazione del Ministro Madia e riportando in auge alcuni punti della precedente riforma Brunetta.

Cosa ha detto la Corte

Quello che dice la Corte dei Conti non riguarda le cifre di aumento, che per i giudici sono addirittura esagerate. In barba al sentore dei lavoratori ed in barba agli appunti mossi da alcune sigle sindacali che non hanno siglato l’accordo parlando di mancia e di aumenti irrisori, la Corte dei Conti parla di aumenti superiori alle aspettative, superiori a quelli che si sarebbero dovuti mettere in campo adeguandoli al tasso di inflazione.

In pratica gli aumenti tabellari del 3,48%, quelli che garantivano aumenti medi lordi da 85 euro a dipendente sono esagerati. Questo riguardo al contratto dei Ministeriali ma è una situazione che dovrebbe ripetersi per gli altri settori, a partire dalla scuola dove per scongiurare il pericolo che gli 85 euro non venissero erogati a tutti perché nel comparto ci sono i Dipendenti Pubblici con salario più basso di tutta la PA, fu inserito l’elemento perequativo.

Per la Corte dei Conti manca l’elemento di merito, quello su cui tanto per intenderci si basava tutta la riforma del Governo Berlusconi e del Ministro Brunetta. Quanto messo in atto dai rinnovi e tutti i soldi a disposizione secondo la Corte sono destinati solo all’aumento tabellare del salario ed alla sua base fissa senza tenere in considerazione il fattore del rilancio della produttività di tutto il settore del pubblico impiego.

E adesso?

Gli appunti mossi dalla Corte dei Conti, anche se drastici nei confronti dei nuovi contratti e di tutta la riforma Madia, non mettono a repentaglio i nuovi stipendi che presto finiranno nelle tasche dei lavoratori compresi gli arretrati. La sentenza della Corte Costituzionale dell’estate 2015 va rispettata e per questo i nuovi stipendi saranno presto erogati.

Per la scuola ad esempio in questi giorni il nuovo documento è proprio alla Corte dei Conti e si prevede che con gli stipendi di aprile ed i relativi cedolini arriveranno i tanto agognati arretrati ed aumenti: 50 euro di aumento medio pro capite e arretrati che vanno da 195 euro per i collaboratori scolastici ai 429 euro per i direttori dei servizi generali o amministrativi. Arretrati simili anche per i docenti con punte massime di 412 euro per i docenti laureati ed in servizio nelle scuole secondarie di secondo grado con lunga anzianità di servizio. Cifre queste che come dicevamo per la Corte dei Conti sono eccessive. Una delusione questa messa in luce dalla Corte dei Conti che sicuramente avrà l’effetto di incidere su quello che succederà a fine anno, quando Governo e sindacati dovranno tornare al tavolo della trattativa perché ci sarà da rinnovare nuovamente il contratto in tutti i comparti.