Ognuno di noi passa circa 8 anni della propria esistenza sul posto di lavoro, indicativamente 70.000 ore. Una parte consistente della nostra vita fatta di soddisfazioni e sacrifici, alzate mattutine e transumanze oceaniche verso quel luogo dove impieghiamo la nostra energia per raggiungere uno scopo determinato, soli o in simbiosi con altri esseri che chiamiamo colleghi. Risvegliati dal torpore esistenziale, i rappresentanti genetici dell'homo erectus si insediano in alveoli fatti ad immagine e somiglianza della produttività. Ci si aspetta allora che in questi ambienti regnino la fiducia, la pace e soprattutto il rispetto ma non sempre è cosi: il terzo e più importante aspetto spesso latita e la sua mancanza produce un rumore assordante, molto più che per i primi due.
Di questa lacuna è la donna che ne subisce le conseguenze peggiori. Tuonano profetiche le parole di un grande uomo e filantropo, Adriano Olivetti: “Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento”.
Primi contratti anti-molestie
Si tratta di un problema sociale di profonda urgenza su cui non si può più soprassedere. Solo un dato per dare sostanza al fenomeno: secondo l'Istat sono 1,4 milioni le donne che hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro almeno una volta nella vita. Di queste, solo una su cinque è riuscita a parlarne con qualcuno. La dinamica che rende possibili gli abusi è la stessa: il potere esercitato da un dominatore su un dominato, espresso attraverso il sesso.
La subalternità, la precarietà e lo squilibrio nei rapporti di potere e di genere rendono possibili ricatti e molestie. Per fortuna le cose stanno cambiando, perché c'è maggiore consapevolezza e una nuova presa di coscienza del virus, e questo grazie soprattutto al coraggio delle vittime che si sono rifiutate di sottacere alla violenza per paura di ripercussioni e hanno deciso di denunciare.
Questo tormento deve avere fine e la prova evidente di questo diktat è notizia di questi giorni. I contratti aziendali e territoriali stanno, infatti, recependo l'accordo sottoscritto il 25 gennaio 2016 tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria sulle molestie nei luoghi di lavoro, con un sintomatico intervento tutelativo della dignità umana.
Hanno recepito l'accordo i contratti nazionali della Pubblica Amministrazione, dei Trasporti, delle Poste e decine di contratti aziendali, come ad esempio FS, Sodexo, Starhotel, TNT, Alpitour, Giglioli Production.
L'accordo quadro sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro, che recepisce l'accordo delle parti sociali europee del 26 aprile 2007, ribadisce che “ogni molestia o violenza nei luoghi di lavoro è inaccettabile” e ancora riconosce “il principio che la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori non può essere violata”. Alla base di un'azione efficace contro questo genere di atti c'è “il dovere di collaborare al mantenimento di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su principi di eguaglianza e reciproca correttezza”.
L'accordo sancisce che “i comportamenti molesti o la violenza subiti nei luoghi di lavoro vanno denunciati”. Un piccolo passo per quello che sembra solo la punta dell'iceberg, in attesa della prossima conferenza dell'Organizzazione internazionale del lavoro, che si terrà dal 28 maggio all'8 giugno a Ginevra, per contribuire finalmente al raggiungimento della giustizia sociale sui luoghi di lavoro e non solo.