Che siano giorni decisivi questi per la formazione di un nuovo Governo è cosa risaputa. Ripetuti incontri tra Salvini e Di Maio, rispettivamente per Lega e Movimento 5 Stelle sono propedeutici alla nascita di un Esecutivo dopo le elezioni del 4 marzo scorso. Se sul nome del Premier o dei Ministri c’è ancora da lavorare, sembra esserci una certa sintonia circa i provvedimenti da adottare. In queste ore si sente parlare di contratto di Governo, cioè di una intesa su alcuni punti programmatici da portare avanti da un Governo guidato da due partiti che per posizione, estrazione e indirizzo, sono nettamente distanti.
Restano però in campo diversi punti di convergenza che sembrano essere stati già assodati da entrambi gli schieramenti. Riforma Fornero, Immigrazione, tasse e reddito di cittadinanza. Dal punto di vista delle coperture finanziarie, probabilmente, la riforma delle pensioni ed il reddito di cittadinanza sono le misure più complicate da portare avanti. Sulla misura di contrasto alla povertà sembra che dal redito di cittadinanza si sia passati ad un redito di autonomia, misura da approntare sulla falsariga di quella adottata già in Lombardia e che sembra stia dando riscontri positivi.
Non è un sussidio vero e proprio
Negli ultimi anni la politica italiana ha iniziato a trasformare indennizzi e bonus a persone in difficoltà, da semplici sussidi economici, in misure di reinserimento sociale e lavorativo.
Dal punto di vista temporale possiamo dire che a partire dal Jobs Act e successivamente con la creazione dell’Anpal, la lotta alla povertà sta iniziando a dotarsi di misure più rivolte alla ricollocazione sociale e lavorativa dei disagiati che alla semplice erogazione di un reddito di povertà. Basti pensare alla Naspi che oltre ad erogare soldi per un degerminato periodo a soggetti che hanno perduto il lavoro, chiede agli stessi di aderire a progetti e programmi personalizzati avviati dai Centri per l’Impiego presso i quali devono sottoscrivere un patto di servizio.
Lo stesso argomento è alla base della nascita dell’assegno di ricollocazione che a giorni farà capolino nel nostro ordinamento. Non più soldi e basta, ma progetti e programmi per rendere meno disagiati i soggetti a cui le misure sono destinate. Su questa falsariga si muove anche la novità delle ultime ore, l’assegno di autonomia.
Per quanti speravano nel reddito di cittadinanza la notizia non sarà certo delle migliori perché il reddito di autonomia è una cosa nettamente diversa.
Come funzionerebbe
L’esempio della Lombardia è calzante così come il fatto che la novità può essere benissimo considerata un passo indietro da parte del Movimento 5 Stelle rispetto alla sua proposta originaria che in materia si avvicina di più alla posizione della Lega. In Lombardia la misura prevede l’erogazione di un importo pari 1800 euro per 6 mesi, a soggetti con Isee del nucleo familiare fino a 20mila euro. Soldi da spendere però per corsi e progetti di formazione ed orientamento. In pratica reddito di autonomia da 300 euro al mese per il periodo di 6 mesi utilizzabili per trovare nuova occupazione o dotarsi delle competenze necessarie per ricollocarsi lavorativamente. La misura sempre in Lombardia viene estesa anche a disabili e anziani al fine di abbattere le barriere sociali e la relativa esclusione di soggetti in difficoltà per salute o per età (gli over 64).