Roberto Ghiselli, attuale segretario confederale della Cgil, si è nuovamente rivolto al Governo menzionando tutte le cose che non lo convincono sulle ipotesi trapelate fino ad oggi riguardanti la prossima riforma delle Pensioni. Ad esempio le proposte di pensione anticipata quota 100 e 41 con vincoli che, secondo il sindacalista, potrebbero danneggiare le fasce più deboli della popolazione (donne e giovani) e la pensione e/o reddito di cittadinanza, che potrebbero disincentivare il versamento dei contributi previdenziali per la costruzione del montante pensionistico.
Pensioni, Ghiselli: basta spot elettorali, che ne è della revisione del sistema previdenziale?
Il segretario confederale della Cgil è critico nei confronti di Luigi Di Maio, neo ministro del Lavoro, e nei confronti del Governo per quanto concerne la tanto annunciata (in campagna elettorale) riforma delle pensioni. Anche perché, al momento, fa notare il sindacalista, si è passati dall'idea di cancellare la legge Fornero a soluzioni e spot, come quota 100 e 41, che rischiano, vedi paletto dei 64 anni e il ricalcolo dell’assegno con il contributivo dal ’96, di peggiorare le condizioni per le fasce più deboli della popolazione. Anche il voler cancellare l’ape sociale, che certamente avrebbe ancora dovuto essere migliorata ma era un primo passo, rischia di creare disagio a chi poteva accederci, per le proprie condizioni disagiate, già dai 63 anni.
Ghiselli dice convinto che con questa proposta governativa si rischia uno ‘sguardo strabico’ in cui si penalizzano le donne e i giovani del Sud con carriere discontinue, a vantaggio di uomini del Nord con carriere previdenziali più continuative.
Pensioni anticipate, serve flessibilità dai 62 anni e la pensione con 41 anni di contributi
Al microfono di Italia parla, la rubrica quotidiana di 'RadioArticolo1', Ghiselli suggerisce al Governo: bisogna premiare il lavoro di cura delle donne, la riforma previdenziale deve partire dalla flessibilità in uscita, ed è meglio riprendere lo spirito della riforma Dini.
Arrivati ad una certa età deve poter essere il lavoratore a scegliere se e come uscire prima dal mondo del lavoro. Roberto Ghiselli insiste proprio su questo punto: “dopo i 62 anni uno deve scegliere come uscire in base alle proprie condizioni lavorative, familiari, di salute”. Inoltre, aggiunge rivolgendosi ai cosiddetti precoci: “dopo 41 anni di contributi penso si debba avere la possibilità, senza altri vincoli, di andare in pensione”. No invece al reddito di cittadinanza e alla pensione di cittadinanza che rischierebbe di disincentivare il versamento dei contributi oltreché far pensare allo Stato come alla Croce Rossa. Ghiselli prosegue: lo Stato non deve intervenire solo quando ci sono morti e/o feriti, ma deve promuovere e trovare lavoro, poi conclude: “offrendo anche prospettive per un’anzianità dignitosa".
Ovviamente il pensiero è rivolto a quei giovani, dice Roberto Ghiselli, che tra 30 anni saranno, date le carriere discontinue ed i lavori precari, dei pensionandi poveri senza nessuna tutela e senza possibilità di accedere alla quiescenza, se non con pensioni bassissime.