Oggi in agenda è previsto un Consiglio dei Ministri che potrebbe rivelarsi molto interessante dal punto di vista delle Pensioni. Il Premier Conte presiederà un summit con la presenza del Ministro del Lavoro Di Maio, del Ministro degli Interni Salvini ed anche di Savona e Tria, rispettivamente per gli Affari Internazionali e per l’Economia. Si parlerà di coperture finanziarie ai tanti provvedimenti da adottare, dalla riforma del welfare e del suo reddito di cittadinanza, alla flat tax e naturalmente alla riforma pensioni. Tutti interventi che hanno l’obbiettivo di entrare in Legge di Bilancio che da ottobre il Governo deve iniziare a varare.
Tutti decreti che sembrano costosi, almeno in base ai dati ed alle indiscrezioni. Debito pubblico e casse dello Stato sono problemi da non sottovalutare, tanto e vero che soprattutto in materia pensionistica le misure di cui si parla rischiano di nascere in maniera diversa da quelle promesse durante la campagna elettorale.
Quota 100
Luigi Di Maio, ha sottolineato giorni fa, l'importanza di intervenire subito per superare la Legge Fornero. I conti pubblici però non permettono voli pindarici, tanto è vero che inizia a serpeggiare la preoccupazione per quanto riguarda le misure in cantiere che potrebbero essere deludenti rispetto all'impegno elettorale. La nascita di quota 100 dovrebbe portare all’abolizione - o meglio, alla mancata proroga - dell’Ape Sociale.
La pensione a 63 anni per disoccupati, disabili, caregivers e lavori gravosi non verrebbe prorogata oltre la sua scadenza fissata per il 31 dicembre prossimo. Al suo posto avanza quota 100, però con un vincolo anagrafico ben preciso e peggiorativo rispetto all’Ape. Si andrebbe in pensione solo con almeno 64 anni di età, cioè un anno dopo dal limite fissato dall’Ape sociale.
Il liberi tutti e lo smontaggio della Fornero di cui si parlava durante la campagna elettorale dello scorso 4 marzo rischia di restare una semplice promessa. Quota 100 lascerebbe in campo solo 3 combinazioni possibili per accedere alla quiescenza prima di arrivare all’età per la classica e naturale pensione di vecchiaia. Prima dei 67 anni di età utile alla pensione di vecchiaia si potrebbe andare in pensione a 64 anni con 36 di contributi; a 65 anni e 35 di contributi, oppure a 66 e 34 di contributi.
Questa è la quota 100, che sembra sia l’unica via che permette di dotare il sistema di un minimo di flessibilità senza impattare troppo sui conti pubblici.
I vincoli sono sempre notevoli
Anche quota 41, l’altra misura al vaglio dell’Esecutivo presenta le medesime problematiche della quota 100, cioè le coperture. Anche quota 41 per tutti è la misura di cui si parlava tanto in campagna elettorale. Un criterio che davvero cancellerebbe la riforma Fornero, dotando il sistema di una nuova pensione di anzianità dopo che con il Governo Monti questa fu cancellata e sostituita dalla pensione anticipata. La promessa era la pensione per tutti quelli che raggiungevano i 41 anni di contributi, senza vincoli di età.
Un notevole passo avanti ed un notevole anticipo rispetto alla pensione anticipata che dal 2019 porterà il limite di uscita a 43 anni e 3 mesi di lavoro per i maschi ed a 42 e 3 mesi per le femmine. Quota 41 però non sembra essere una misura da lanciare subito, probabilmente per l’alto impatto che avrebbe in termini di spesa pubblica. Se ne riparlerà l’anno venturo, anche se ultimamente si pensa più ad una quota 42. Un anno in più che potrebbe rendere meno onerosa per lo Stato la nuova pensione di anzianità fruibile anche dai precoci. A tutto ciò si deve aggiungere anche la novità del super-bonus, un incentivo offerto ai lavoratori che decideranno di restare in servizio nonostante maturino il diritto alle eventuali quota 100 o quota 41. Un paletto che mira a persuadere i lavoratori a restare al lavoro oltre le soglie previste per le quiescenze, con soldi in più in busta paga.