Adesso dalle parole bisogna passare ai fatti perché i tempi sono maturi. Manca poco alla Legge di Stabilità prevista per fine anno e le aspettative degli italiani, aumentate dopo che Lega e Movimento 5 Stelle hanno inserito nel loro programma una riforma radicale della legge Fornero, adesso chiedono risposte. L’abolizione della Legge Fornero di cui tanto si parlava, probabilmente non sarà fatta del tutto, perché ci saranno solo graduali e di ridotta portata per via delle scarse risorse finanziarie in mano all’esecutivo. Gli appuntamenti importanti in calendario restano sempre quelli classici, con il 27 settembre che segnerà la pubblicazione da parte del Governo della nota di aggiornamento del DEF (il Documento di Economia e Finanza), per poi passare ad ottobre con l’inizio della stesura della manovra.

La confusione sulle misure previdenziali da adottare sembra ancora molta, con il Governo che appare anche diviso sui provvedimenti da adottare. Ecco cosa si intende fare ed a che punto sono le misure che i due partiti di maggioranza vorrebbero emanare.

Le minime e i tagli

Il Movimento 5 Stelle continua a spingere sul taglio delle cosiddette “Pensioni d’oro” al fine di finanziare tutto o in parte un altro provvedimento caro ai “grillini”, cioè la pensione di cittadinanza a 780 euro al mese. Alla Lega, invece, si lavora sull'obiettivo di anticipare le pensioni per gli italiani che hanno molti anni di contributi, che sono ancora oggi tra le vittime, in tema di requisiti da centrare per la quiescenza, della Legge Fornero.

Entrambi gli schieramenti convergono sulla necessità e volontà di correggere le norme previdenziali ereditate dal Governo Monti, ma parlando a platee elettorali diverse e differenti per tipologia ed estrazione sociale, appare evidente che su alcuni punti ci siano posizioni differenti. Il taglio delle pensioni d'oro (che siano a partire dai 4.000 euro o no), secondo i dati statistici colpirebbe soprattutto pensionati del Nord Italia, che, sempre in base alle analisi, sono coloro che percepiscono pensioni più elevate avendo goduto durante la vita lavorativa di carriere lunghe e continue.

Il Nord dello 'Stivale', però, è la pancia del consenso ottenuto dalla Lega alle scorse elezioni e, pertanto, al "Carroccio" si pensa a correggere il Decreto D'Uva-Molinari (i due parlamentari di M5S e Lega che sono i primi firmatari del Decreto), quello del taglio alle pensioni d'oro, sostituendolo con un contributo di solidarietà da applicare alle pensioni a partire da 2.000 euro al mese.

Il tutto celato dietro il fatto che il taglio delle pensioni sponsorizzato da Di Maio, potrebbe essere tacciato di incostituzionalità dalla Consulta, mentre il contributo di solidarietà no. Il nodo principale di questo provvedimento resta quello della poca popolarità dell'atto di fronte ai pensionati del Nord che rischiano di subire tagli superiori al 20% anche retroattivamente, come riporta l'edizione odierna del "Corriere della Sera".

Molte cose promesse, forse troppe

Quota 100, cioè la possibilità di andare in pensione già a 64 anni e con 36 di contributi, quota 41 come nuova pensione di anzianità senza limiti di età, l’aumento delle pensioni basse a 780 euro al mese e il taglio delle «pensioni d’oro, sono i provvedimenti o meglio, le promesse fatte dal governo Conte agli italiani.

Troppe cose messe in cantiere in base alle prevedibili poche risorse disponibili. Per la manovra di fine anno, 12,5 miliardi serviranno solo per detonare l'aumento dell'Iva previsto dalle clausole di salvaguardia. Evidente che poco potrà essere destinato alle pensioni, se si pensa che la sola quota 100, anche se vincolata all'età minima di 64 anni, costerebbe 4 miliardi di euro. ed una cifra molto vicina a questa sarebbe quella necessaria per aumentare le minime a 780 euro al mese. Anche il taglio previsto dal DL D'Uva-Molinari, sempre che la Corte Costituzionale lo approvi, dal punto di vista degli incassi servirebbe a poco. Basti pensare che le pensioni sopra gli 80mila euro annui (quelle a partire dalle quali applicare i tagli), sono meno di 160mila.

Si andrebbe a recuperare come conti pubblici, qualcosa come mezzo miliardo di euro all'anno. Ecco perché ad oggi appare più fattibile, costituzionalmente, un contributo di solidarietà triennale, con le risorse recuperate da rigirare all’interno del sistema previdenziale.