Con la nascita dell’esecutivo Conte, il cosiddetto governo giallo-verde, il sistema previdenziale dovrebbe essere riformato. Il primo passo verrà fatto già nel 2019 con la manovra finanziaria in lavorazione e che domani dovrebbe approdare alla Camera. La legge di Bilancio, nonostante i veti ed i diktat provenienti da Bruxelles, continua il suo iter. All’interno della manovra massima attesa è rivolta proprio al pacchetto previdenziale che, notizia dell’ultima ora, potrebbe essere predisposto con un ddl collegato alla manovra. Cambia la forma ma non il contenuto, perché le cifre stanziate in manovra, sia per le Pensioni che per il reddito di cittadinanza, restano le stesse.

In pratica, come promesso e come ampiamente ribadito dai due vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, i provvedimenti promessi non si fermano. Come riporta un eloquente articolo del quotidiano “Il Sole 24 Ore, gli ultimi ritocchi alla bozza della manovra che oggi circola, dovrebbero essere apportati nei prossimi giorni, magari con i classici emendamenti che i gruppi parlamentari potranno presentare durante l’iter della manovra, alla Camera ed al Senato. Cosa cambia per le pensioni nel 2019? La misura su cui il governo si gioca la gran parte delle sue carte è quota 100, ma l’operazione previdenziale dell’esecutivo non si ferma a questa unica misura. Ecco le novità pensionistiche per il 2019 e cosa devono aspettarsi i cittadini.

Saranno 7 le finestre di quota 100

Con quota 100 tornano di moda le finestre mobili. Con questo sistema, largamente usato in passato, le pensioni di ciascun lavoratore non decorrono dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si maturano i requisiti di accesso, ma partono a date prefissate. Le ultime indiscrezioni sembrano confermare le previsioni degli ultimi giorni, con la nascita di 4 finestre trimestrali per i lavoratori del settore privato, due finestre semestrali per i dipendenti del pubblico impiego ed una sola data di uscita nel comparto scuola.

I lavoratori che andranno in pensione con la quota 100 non potranno svolgere altre attività lavorative con redditi sopra i 5.000 euro. Il divieto di cumulare altre fonti reddituali con la pensione anticipata con quota 100 dovrebbe essere applicato per i primi due anni di quiescenza, almeno come riporta l’articolo del Sole 24 Ore.

La pensione anticipata

La nascita di quota 100 servirà a molti lavoratori per anticipare la pensione, ma non cancellerà la legge Fornero. Infatti anche nel 2019 sia la pensione di anzianità che quella di vecchiaia seguiranno le regole imposte dalla tanto discussa riforma del Governo Monti. Nella manovra però sembra che ci sarà lo stop al meccanismo dell’aspettativa di vita sia per le quiescenze di vecchiaia che per le pensioni anticipate. La pensione di vecchiaia pertanto resterà con la stessa età del 2018, cioè a 66 anni e 7 mesi, mentre per le anticipate, quelle che sarebbero dovute salire a 43 anni e 3 mesi, il tetto si fermerà a 42 anni e 10 mesi di contributi versati. Il meccanismo delle finestre mobili però potrebbe entrare in scena anche per le pensioni anticipate 2019.

Al fine di ridurre l’impatto dei provvedimenti che il governo attuerà e per accontentare in qualche modo la UE che non è favorevole agli interventi previdenziali in cantiere, la decorrenza delle pensioni per coloro che raggiungono 42 anni e 10 mesi di contributi, o 41 anni e 10 mesi se trattasi di donne, slitterebbe di 3 mesi rispetto alla data in cui si centra il requisito contributivo.

Opzione donna, pensioni d’oro e pace contributiva

Con quota 100, nella manovra dovrebbe entrare anche il riavvio di opzione donna. SI tratta di una proroga fino al 2021 per la pensione contributiva e anticipata per le lavoratrici che raggiungono 58 anni di età e 35 di contributi. Alla misura si applicherà una finestra mobile di 12 mesi per le dipendenti e di 18 per le autonome e gli assegni saranno calcolati interamente con il sistema contributivo.

Al fine di finanziare l’operazione riformatrice, sarà inserito con ogni probabilità il taglio delle pensioni d’oro con aliquote progressive. L’ipotesi più plausibile parla di un taglio sotto forma di contributo di solidarietà (per evitare problemi di costituzionalità della misura con la Consulta) della durata di 5 anni. Le 5 aliquote, cioè le 5 percentuali di taglio che subiranno i pensionati, sarebbero tra l’8 ed il 10% per le pensioni fino a 130mila euro lordi annui, tra il 12 ed il 14% per pensioni fino a 200mila euro, tra il 14 ed il 16% per quelle fino a 350mila euro, tra il 16 ed il 18 per assegni annui fino a mezzo milione di euro ed il 20% per pensioni più elevate. Infine, per la pace contributiva, niente sanzioni e interessi per i periodi scoperti da contribuzione successivi al 1996 per coloro che intendono avviare la cosiddetta ricostruzione contributiva. Per chiudere i periodi vacanti, si dovrebbe poter versare mini-quote al netto di interessi e sanzioni calcolate sullo stipendio dell'anno successivo al buco.