La riforma delle Pensioni, con l’attesa Quota 100, partirà nel 2019 e sarà accessibile attraverso alcune finestre di uscita, ripristinando così una modalità abolita alcuni anni or sono. Per andare in pensione a 62 anni e con 38 anni di contributi, quindi, bisognerà attendere l’apertura della finestra prevista anziché, come avviene ora, il primo mese successivo a quello della maturazione dei requisiti.

Le regole per l’attuazione della Quota 100, saranno comunque inserite in un disegno di legge apposito in quanto il capitolo previdenziale della legge di Bilancio conterrà solo l’istituzione dell’apposito fondo.

Quota 100, la novità delle 7 finestre per l’uscita

Le ultime indiscrezioni sulle riforma delle pensioni a quota 100 prevede, a partire dal 2019, il ritorno al sistema delle finestre che dovrebbero esse 7 ed organizzate secondo il seguente schema:

  • 4 finestre di uscita trimestrali per i lavoratori del settore privato;
  • 2 finestre di uscita semestrali per i lavoratori della pubblica amministrazione;
  • 1 finestra di uscita annuale per i lavoratori della scuola.

Il sistema delle finestre farà quindi slittare di qualche mese l’accesso alla pensione per la Quota 100, ma rischia di ripercuotersi negativamente anche sulle soglie di anticipo previste dalla legge Fornero, visto che, ad esempio, la pensione di vecchiaia con 42 anni e 10 mesi di contributi maturata a gennaio, potrà decorrere solo 3 mesi dopo.

Un altro importante paletto per chi potrà accedere alla Quota 100 sarà il divieto di cumulo, per i primi due anni, tra pensione e reddito da lavoro per importi superiori ai 5 mila euro l’anno.

Il governo punta, secondo quanto confermato dalle ultime dichiarazioni del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, a far entrare in vigore la riforma previdenziale a partire dal 1° gennaio 2019.

Riforma delle pensioni, ipotesi contributo di solidarietà sopra i 90 mila euro

Il “pacchetto pensioni” conterrà anche il capitolo “pensioni d’oro”, tanto caro al governo, che dovrebbe prevedere un contributo di solidarietà per i redditi sopra i 90 mila euro lordi l’anno o 4.500 euro netti al mese. Secondo una delle ipotesi in circolazione, il contributo di solidarietà potrebbe avere una durata quinquennale e con aliquote di prelievo crescenti a seconda del reddito annuo.

Al momento, come detto, si tratta solo di ipotesi, anche perché si dovrà trovare una soluzione che metta al riparo dalle prevedibili obiezioni di costituzionalità della norma e dall’ondata di ricorsi che potrebbero mettere in campo i titolari degli assegni interessati dal prelievo di solidarietà.