Si continua a discutere sulla tanto attesa quota 100 che dovrebbe cambiare la precedente Legge Fornero. Come ormai tanti sanno, la misura sarà inserita nella nuova Legge di Stabilità e il Governo Conte è ancora al lavoro per chiarire i dubbi sulle risorse e sulle possibili combinazioni. Stando a quanto riportato dal quotidiano "Il Sole 24 Ore", però, a rimanere maggiormente penalizzate potrebbero essere le lavoratrici visto che poichè molte di loro hanno carriere contributive discontinue.
Sembra ormai assodato, infatti, che il meccanismo della quota 100 sarà riservata ai lavoratori che hanno compiuto i 62 anni di età anagrafica con almeno 38 anni di versamenti contributivi anche se, la quota sarà destinata a salire a 101 nel caso in cui si andrà in pensione a partire dai 63 anni, a 102 se si lascerà il lavoro a 64 anni o addirittura si potrà raggiungere quota 107 nel caso in cui il lavoratore deciderà di lasciare l'attività lavorativa dopo il raggiungimento di almeno 66 anni di età anagrafica unitamente ai 41 anni di versamenti contributivi.
Ipotesi del Governo per limitare la spesa
Inoltre, l'esecutivo giallo-verde sta valutando diverse ipotesi volte a limitare la spesa che, finora resta fissata a sette miliardi di euro. Spuntano, infatti, nuove ipotesi di introdurre alcuni vincoli per i lavoratori che decidono di fruire della pensione anticipata a partire dai 62 anni. Uno di questi, riguarda il divieto di continuare l'attività lavorativa dopo aver richiesto la quiescenza: l'obiettivo è quello di favorire lo sblocco del cosiddetto ricambio generazionale. L'altro paletto, invece, riguarda l'impossibilità di cumulare gratuitamente i contributi versati in diverse gestioni previdenziali.
Quota 100 difficile da raggiungere per le donne
Le donne riescono a guadagnare il diritto alla pensione solo dopo il raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia perchè spesso con carriere discontinue: non potranno accedere al pensionamento a partire dai 62 anni di età anagrafica a causa delle loro carriere discontinue.
In Italia, i titolari di assegni previdenziali sono circa 9,3 milioni. Circa 5,2 milioni sono destinati agli uomini mentre 4,1 milioni sono per le lavoratrici. Nel caso di Pensioni anticipate, il "tasso di mascolinità" giunge a quota 77,5 % per un totale di 3,36 milioni. Cosa assai diversa per le donne, per le quali i registra un numero decisamente inferiore.
Preoccupante anche il silenzio sulla tanto attesa proroga del regime sperimentale donna fino al 2021 che darebbe la possibilità alle lavoratrici di lasciare in anticipo il lavoro a partire dai 57 anni di età anagrafica accettando il ricalcolo contributivo dell'assegno. Nessun riferimento, infatti, si evince nella nota di aggiornamento del Def nonostante sia una delle misure-chiave contenute nel contratto di Governo.