Con il decreto su reddito di cittadinanza e Pensioni l’esecutivo Conte ha completato il suo lavoro relativo alla manovra finanziaria. Adesso si attende l’entrata in vigore del decreto, decorsi i 60 giorni canonici dopo la pubblicazione dell’atto in Gazzetta Ufficiale. Le due misure da prima pagina presenti nel decreto restano la quota 100 nel capitolo previdenziale ed il reddito di cittadinanza in quello assistenziale. Sulle pensioni le novità non si fermano certo alla pensione con la quota 100, perché per esempio, l’esecutivo ha deciso di intervenire anche sulle pensioni anticipate, uno dei due pilastri su cui si regge il sistema pensionistico nostrano.
Anche l’altra misura classica prevista dal nostro ordinamento non è esente da cambiamenti per il 2019 appena entrato. Ci vorranno 5 mesi in più come età per centrare la pensione di vecchiaia e 3 mesi per ricevere il primo rateo di pensione con le anticipate per via del meccanismo delle finestre mobili.
Aspettativa di vita
La pensione di vecchiaia è quello strumento pensionistico che da sempre consente l’uscita dal lavoro ad una determinata età anagrafica. Già l’ultima manovra del governo Pd, quello condotto dall’allora Presidente del Consiglio Gentiloni, produsse una sostanziale novità per quanto riguarda la pensione di vecchiaia. Fu cancellata la distinzione tra uomini e donne rispetto all’età anagrafica utile per conseguire la pensione di vecchiaia.
Per tutti fino al 31 dicembre 2018, l’età anagrafica utile a lasciare il lavoro per andare in pensione è stata pari a 66 anni e 7 mesi. La misura prevede anche il raggiungimento di 20 anni di contribuzione minima versata e questo requisito non è variato l’anno scorso e non cambierà quest’anno. Ciò che cambia dal 1° gennaio è l’età pensionabile che sale per tutti a 67 anni.
La misura infatti è collegata alla stima di vita degli italiani, cioè alla vita media dei cittadini come calcolata dall’Istituto Nazionale di Statistica, l’Istat. Più sale l’aspettativa di vita e più si allontana l’età pensionabile che i lavoratori devono centrare per poter andare finalmente in quiescenza.
Le finestre mobili
L’aspettativa di vita avrebbe dovuto incidere negativamente per i lavoratori, anche per le pensioni anticipate.
Si tratta della misura che consente l’uscita dal lavoro senza tener conto dell’età anagrafica dei lavoratori, ma solo del numero di contributi versati. Una volta si chiamavano pensioni di anzianità, misura che la Fornero cancellò e sostituì appunto, con le pensioni anticipate. L’Inps aveva già ratificato l’aumento di 5 mesi per questa misura, con una circolare che recepiva il previsto inasprimento per l’aspettativa di vita ereditato dalla penultima manovra di Bilancio. Dai 42 anni e 10 mesi (per le donne 41 anni e 10 mesi) di contribuzione previdenziale versata, che era la soglia valida fino a fine 2018, si sarebbe dovuto salire a 43 anni e 3 mesi (per le donne sempre un anno in meno). Con il decreto, il governo ha ratificato lo stop a questo inasprimento e pertanto, anche nel 2019 la soglia utile a conseguire la pensione con lo strumento delle anticipate è fissata a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
Anche per questa misura però, ci sarebbe da fare i conti con un cambiamento che allontana, anche se di soli 3 mesi la pensione. Infatti per le pensioni anticipate entrano in scena le finestre mobili. Per quanti andranno a centrare il requisito dei contributi versati nel 2019, la decorrenza della pensione slitterà di 3 mesi esatti. Il meccanismo a finestra infatti, prevede l’assegnazione del primo rateo di pensione ai beneficiari, non più dal primo giorno del mese successivo a quello in cui il lavoratore centra i 43 o 42 anni e 10 mesi necessari, ma dopo 3 mesi. Di fatto, anche se la data in cui si lascerà il lavoro coinciderà con quella in cui si centra il vincolo contributivo, la pensione si inizierà a percepire a 3 mesi di distanza.