Il Consiglio dei Ministri che dovrà ratificare il decreto sulle Pensioni slitta continuamente. Adesso il giorno indicato da fonti vicine al dossier previdenziale è diventato il 17 gennaio prossimo. Giovedì pertanto, il decreto con quota 100, opzione donna, Ape sociale e congelamento dell’aspettativa di vita dovrebbe essere emanato definitivamente. Con queste novità in arrivo, come riporta l’edizione odierna del quotidiano “Il Sole 24 Ore”, le vie di uscita dal lavoro con la pensione anticipata diventano sette.
Quota 100 con doppio vincolo
Con l’ingresso nel sistema di quota 100, si andrà in pensione in anticipo rispetto ai 67 anni che rappresentano l’età pensionabile vigente dal 1° gennaio per le pensioni di vecchiaia.
Oltre all’età minima di 62 anni, la quota 100 prevede una soglia minima di 38 anni di contributi. Un numero rilevante di anni di contribuzione previdenziale che per esempio, rende la misura difficilmente centrabile da chi ha carriere discontinue o corte, come i lavoratori stagionali, gli edili e gli agricoli, o più in generale, per tutto l’universo dei lavoratori donne. Per la pensione di vecchiaia per esempio, servono 20 anni di contributi ed è quindi evidente la differenza di requisito previsto da quota 100. Stando ai numeri però, la misura dovrebbe avere una portata, come platea di interessati, di circa 350mila lavoratori, quasi la metà statali che insieme ai lavoratori delle aree più industrializzate dello stivale, cioè il Nord-Est, rappresentano l’identikit preciso dei possibili beneficiari di quota 100.
Opzione donna, anticipo pensionistico e isopensione
Con quota 100 un numero discreto di lavoratori potrebbe anticipare la pensione rispetto alle soglie previste dalla legge Fornero. Oltre alla pensione da quotista, il sistema prevede altre vie di anticipo, come lo è opzione donna, altra misura che sarà varata dal decreto del governo.
Le donne che come dicevamo, sono tra le più penalizzate dai requisiti di accesso alla quota 100 ed a molte altre misure previdenziali che prevedono un numero rilevante di contributi, con la misura già sperimentata in passato, possono lasciare il lavoro a 59 anni di età. Anche per opzione donna, come riporta il Sole 24 Ore, i contributi richiesti sono tanti, cioè 35 anni.
Inoltre, la pensione in regime di opzione donna è calcolata per intero con il penalizzante sistema contributivo.
Da una proroga all’altra, perché il governo nel decreto si accinge a confermare anche l'Ape social. Disoccupati, caregivers, invalidi e addetti ai lavori gravosi potranno lasciare il lavoro a 63 anni con 30 o 36 anni di contributi sfruttando questo ponte pensionistico a carico dello Stato. L’Ape volontaria invece è la misura parallela all’Ape social, prevede solo 63 anni di età, solo 20 anni di contributi da detenere e soprattutto, non ha vincoli di platea, cioè è aperta a tutti. In questo caso, i soldi che andranno restituiti ad una banca che ha finanziato l’anticipo, con tanto di interessi, non saranno a carico dello Stato, ma sarà onere dei pensionati la restituzione una volta arrivati a percepire la reale pensione di vecchiaia loro spettante, cioè a 67 anni.
Un anticipo ancora più netto è quello offerto dall’isopensione, la misura che consente alle aziende di svecchiare il parco dipendenti pensionandoli prima e sostituendosi allo Stato nell’erogazione dell’assegno sostitutivo di pensione fino a quando terminerà l’anticipo. Si può accedere all'isopensione solo dopo accordo tra lavoratore e azienda, con quest’ultima che naturalmente deve sostenere i costi di tutta l’operazione. Una via simile a questa potrebbe essere inserita anche nella quota 100, perché dalle ultime indiscrezioni sembra che l’esecutivo voglia inserire una norma che preveda 3 anni ulteriori di anticipo per i lavoratori. Anche in questo caso, con accordi tra sindacati ed aziende, i datori di lavoro che vogliono avviare il turnover, potrebbero prepensionare i dipendenti che si trovano con 59 anni di età o 35 di contributi, cioè a 3 anni dalla chiusura dei requisiti per la quota 100.
Anche in questo caso i costi sarebbero a carico dell’azienda.
Resta in vigore anche lo scivolo per i precoci e quello per i lavori usuranti. Per i cosiddetti precoci, la via è quota 41, pensione anticipata che si centra quando almeno uno dei 41 anni di contributi necessari è stato versato prima dei 19 anni di età. I soggetti interessati a questa misura oltre ad essere qualificati come precoci, devono essere come profilo, quelli previsti dall’Ape sociale. Per gli usuranti invece, se per la metà della vita lavorativa o in 7 degli ultimi 10 anni di lavoro si è svolta una delle attività previste (minatori, lavoratori in galleria, autisti mezzi di trasporto, notturni e così via), raggiungendo quota 97,6 si può lasciare il lavoro anche nel 2019. L’età minima richiesta per la pensione in regime usuranti è di 61 anni e 7 mesi, mentre i contributi necessari sono 35.