Trentotto anni di contributi più l'età minima di 62 anni per arrivare alla pensione anticipata a quota 100: è questa la meta degli aspiranti pensionati del 2019 e dei prossimi anni per poter uscire da lavoro con la misura in via di definizione voluta dal Governo Conte e dai vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Ma quanto è fattibile arrivare alla quota 100 considerando il montante dei contributi versati dai lavoratori italiani? Uno studio pubblicato da Repubblica spiega che le donne risultino svantaggiate anche ad arrivare alla pensione anticipata a quota 100, oltre alle altre formule pensionistiche, handicap che completa il ciclo lavorativo di "gender", l'ennesimo divario sul quale probabilmente sono stati fatti conti approssimativi.

Le donne svantaggiate, 'solo' 25 anni e mezzo in media di contributi

La media dei contributi dei lavoratori e delle lavoratrici per arrivare alla pensione anticipata a quota 100 parla chiaro: le donne hanno 25 anni e mezzo di versamenti, gli uomini ne possono vantare 38, proprio il numero di anni richiesto per l'accesso alla misura più importante della riforma delle Pensioni del 2019. A determinare l'handicap sono le carriere discontinue, dettate da periodi di disoccupazioni, da interruzioni per maternità oppure da anni di buco per esigenze di lavori di cura di familiari. E tutto ciò determina pensioni più povere, quando ci si arriva. Molte lavoratrici, con questa media, non arrivano nemmeno all'altra misura prevista dalla riforma delle pensioni di questo governo: la proroga delle uscite con opzione donna.

Fin qui le obiezioni sulla riforma delle pensioni ideata e messa in pratica dal governo di oggi. Tuttavia, è necessario andare ad analizzare più a fondo la questione pensioni. Con 25 anni di contributi di media nessuna legge di Bilancio o di Stabilità è riuscita a mandare in pensione le lavoratrici negli anni precedenti e la stessa opzione donna è una misura ereditata proprio dagli scorsi esecutivi.

Che, in ogni modo, il premier Giuseppe Conte e i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio cercheranno di estendere fino a ricomprendere le donne nate entro il 31 dicembre 1960 se impiegate come dipendenti e fino al 31 dicembre 1959 se lavoratrici autonome. Un passo in avanti notevole riguardo alle richieste delle lavoratrici che abbiano già alle spalle 35 anni di lavoro e di versamenti rispetto alle ipotesi iniziali dei requisiti che ammettevano, rispettivamente, le donne nate entro il 1959 e il 1958.

Pensioni anticipate del 2019: quota 100, opzione donna e uscita con requisti riforma Fornero

In secondo luogo, la pensione anticipata a quota 100 permetterà l'uscita da lavoro a diverse centinaia di migliaia di lavoratori, uomini e donne. Si stima che 315 mila potenziali beneficiari lasceranno il lavoro nel 2019 con la quota 100, 120 mila dei quali lavoratori del pubblico impiego. Numeri impressionanti se consideriamo le poche decine di migliaia di lavoratori che hanno potuto beneficiare delle pensioni anticipate con Ape social o con la quota 41 dei precoci degli anni scorsi. Rimangono sempre in vigore i vecchi requisiti della riforma delle pensione di Elsa Fornero: con una media di 25 anni di contributi, le donne non potranno che attendere la pensione di vecchiaia, quest'anno elevata a 67 anni.

Lo stesso vale per gli uomini: chi non arriverà nel 2019 a 38 anni di contributi dovrà rimandare l'uscita oppure riparare su altre possibilità: oltre alla pensione di vecchiaia, l'alternativa è la pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi (per le donne gli anni di contributi sono diminuiti di un anno). Anche qui, il merito del governo attuale è quello di aver bloccato l'adeguamento degli anni di contributi di cinque mesi, come avvenuto per le pensioni di vecchiaia. Scritto nero su bianco sul decreto che disciplinerà le pensioni anticipate a quota 100.