Entro la fine di questa settimana dovrebbe giungere la sigla sulla bozza del decreto che è ora al vaglio del Consiglio dei Ministri. Uno dei temi più sentiti è senza dubbio quello della riforma previdenziale, in particolar modo con quota 100. Questa forma d’uscita dal mondo del lavoro permette a chi ha 62 anni d’età anagrafica e 38 anni di contribuzione di uscire dal mondo del lavoro. Ma spunta l’ipotesi di nuovi scivoli con tre anni d’anticipo.

Le possibili finestre d’uscita

I primi beneficiari di quota 100 saranno coloro che hanno maturato i requisiti entro la fine del 2018.

Essi non potranno avere contemporaneamente altri redditi da lavoro (se non di natura occasionale ed entro le 5mila euro l'anno), mentre i criteri d'ingresso prevedono almeno 62 anni di età e 38 anni di contribuzione. Le 'finestre' per l'uscita sono differenti: la decorrenza, una volta raggiunti i requisiti, è di 3 mesi per i lavoratori privati e di 6 per i lavoratori pubblici, che dovranno anche presentare domanda sei mesi prima. Le uscite per chi abbia già raggiunto 'quota 100' sono quindi previste dal 1° aprile nel privato e dal 1° luglio nel pubblico. Secondo quanto riportato dal quotidiano 'Il Corriere della Sera', la platea di potenziali beneficiari di Quota 100 è di circa 430mila lavoratori.

Quota 100 dovrà essere richiesta appositamente da chi vorrà beneficiarne.

Bozza del decreto: possibilità di uscita a 59 anni

Nella bozza del decreto viene previsto uno scivolo fino a tre anni che anticipano quota 100 non più a 62 anni, bensì a 59 anni d’età anagrafica. Nell’articolo 22 della bozza viene previsto che con accordo tra imprenditori e dipendenti, il datore di lavoro potrebbe elargire un assegno di uscita dal mondo del lavoro sulla falsariga dell’Isopensione.

Gli imprenditori non dovranno più corrispondere contributi previdenziali al dipendente, ma provvedere a finanziare il fondo bilaterale di solidarietà a cui i lavoratori attingeranno per percepire l’assegno.

Q100: importo decurtato fino ad un terzo

Va precisato che quota 100 potrebbe prevedere una decurtazione fino a un terzo dell’assegno previdenziale.

Chi deciderà di beneficiare di questa forma di uscita dal mondo del lavoro potrà incorrere in riduzioni dell'assegno previdenziale. L’assegno pensione subirà una decurtazione che potrebbe arrivare fino a circa il 30% dell'importo totale, questo è quanto contenuto nella bozza del decreto. Questo rispetto al totale che si percepirebbe raggiungendo i requisiti per la pensione di vecchiaia: l'assegno pensionistico sarà percepito per un periodo più lungo, ma sarà più basso a causa dei coefficienti di calcolo dell'importo, che daranno luogo ad assegni più leggeri. Secondo il Segretario confederale della UIL Domenico Proietti, la quota 100 è una forma pensione utile per chi lavora al nord, ma non per chi lavora al sud. Nel sud d’Italia - secondo il segretario confederale – è più difficile avere un’occupazione fissa che ti permetta di raggiungere 38 anni di contributi a causa della penuria di lavoro.