Da ieri 6 marzo è possibile presentare le istanze per il reddito di cittadinanza. L’operazione è pienamente fattibile tramite Sistema di identità digitale (Spid), tramite Caf, Patronati o presso le Poste Italiane. La misura è contenuta nel cosiddetto decretone, quello che comprende anche la quota 100 e gli altri interventi previdenziali. Il decreto deve essere ancora convertito in legge, tanto è vero che dopo il via libera del Senato, adesso il testo è alla Camera per la seconda lettura e per altre proposte di correzione tramite gli emendamenti.

Il lavoro a Palazzo Madama ha licenziato positivamente il decreto, ma soprattutto sul reddito di cittadinanza, i correttivi al testo originale sono molteplici. Le modifiche però non sono ancora attive e pertanto, la misura adesso può essere richiesta in base al testo originario, quello uscito fuori dal Consiglio dei Ministri senza le novità introdotte dal Senato.

Per adesso misura soft

Gli interventi di Palazzo Madama, figli di alcuni emendamenti che evidentemente hanno ottenuto il disco verde del Senato sono alquanto stringenti. Le novità introdotte al testo vanno nell’ordine di contrastare i cosiddetti furbetti, coloro che adottano azioni poco lecite e amorali pur di rientrare nel reddito di cittadinanza.

Se anche la Camera licenzierà positivamente il testo uscito dal Senato, gli stranieri extra comunitari per esempio, dovranno, oltre che rispettare il requisito dei 10 anni di residenza in Italia, dei quali gli ultimi 2 in maniera continuativa, ottenere una certificazione da proprio Consolato. Un adempimento piuttosto ingombrante, perché a questi soggetti in definitiva, verrà richiesto di ottenere dal proprio Paese di provenienza, una certificazione reddituale, patrimoniale e di composizione dello stato di famiglia. Per adesso di questo adempimento non c’è traccia nel modello che l’Inps ha reso disponibile per le domande e che pertanto fa riferimento alla misura secondo il testo originario della stessa, quello previsto dal decreto entrato in vigore lo scorso 29 gennaio.

Finti divorzi e finti cambi di residenza

Un’altra modifica piuttosto radicale alla misura riguarda il fenomeno dei cambi di residenza. Anche in questo caso per la validità del correttivo bisognerà aspettare la conversione in legge del decreto. Fino ad allora pertanto valgono le regole precedenti con margini evidentemente più ampi per coloro che vogliono far domanda. Nello specifico, la correzione riguarda i soggetti che per correggere l’Isee e renderlo idoneo a rientrare nella misura (il limite dell’Isee è di 9.360 euro), si adoperano a cambi di residenza e divorzi o separazioni last minute. La modifica impone una data limite entro la quale prendere per buono il cambio di stato di famiglia o di residenza dei richiedenti.

Verrà stabilito che non potranno presentare domanda per il reddito di cittadinanza coloro che hanno cambiato residenza o si sono separati dal coniuge dopo il 1° settembre 2018. In questo caso solo ottenendo un verbale da parte del Comando della Polizia Municipale del proprio comune si potrà dribblare questa stretta. In pratica, devono essere i Vigili Urbani a certificare il reale cambio di residenza del soggetto richiedente il reddito di cittadinanza.