Il nuovo meccanismo di rivalutazione degli assegni pensionistici resta al centro del dibattito pubblico sulla previdenza, dopo che il tema è stato a lungo motivo di scontro tra Governo e sindacati. La questione non appare di poco conto, sebbene per molti gli importi potrebbero sembrare risibili. Questo perché ad avere un notevole impatto sulla capacità dei pensionati di sostenere la crescita dell'inflazione è la sommatoria dei numerosi interventi di questo tipo che si sono susseguiti negli anni. L'ultima legge di bilancio ha proseguito in questo percorso, andando a toccare in particolar modo gli assegni superiore a tre volte la minima Inps.

Perequazione piena riconosciuta fino a 1522,26 euro

La base del meccanismo di calcolo su cui viene applicato il nuovo taglio agli adeguamenti corrisponde a tre volte il trattamento minimo (per il 2019 si tratta di 513,01 euro). La moltiplicazione garantisce quindi una rivalutazione piena fino a 1522,26 euro. Oltre tale soglia si applica una perequazione ridotta al 97% fino a quattro volte il trattamento minimo, del 77% fino a 5 volte, del 52% fino a 6 volte, del 47% fino a 8 volte, del 45% fino a 9 volte e del 40% oltre tale soglia (che corrisponde a 4569,28 euro). Il nuovo meccanismo di calcolo è partito ufficialmente lo scorso primo aprile, ma già a giugno i pensionati coinvolti si sono visti applicare dall'Inps la trattenuta utile alla restituzione degli importi erogati eventualmente in eccesso (rispetto a quanto previsto dalla nuova normativa).

L'effetto di trascinamento stimato da Itinerari Previdenziali

Ricollegandoci con quanto detto all'inizio, per avere un quadro d'analisi chiaro della situazione bisogna considerare che il taglio alle rivalutazioni è avvenuto nel contesto di precedenti interventi similari. A tentare di stimare gli effetti complessivi del fenomeno è stato l'Istituto di ricerca Itinerari Previdenziali, che ha calcolato innanzitutto in 5,5 milioni i pensionati coinvolti dalla misura nel corso del 2019 (all'incirca poco più di un terzo rispetto alla platea complessiva).

Tra questi, un milione e mezzo risultano particolarmente penalizzati, avendo redditi consistenti. Se però si considera la perdita che i pensionati subiranno nel corso del prossimo triennio, ecco che i numeri diventano significativi anche per gli assegni vicini a tre volte la minima. Tutto ciò, va infine considerato tenendo presente che gli importi evidenziati sono lordi.

Al netto delle imposte, una pensione da circa 1270 euro perderà nel triennio circa 44 euro, mentre se si sale a 1607 euro nette si arriva a stimare una perdita di oltre 467 euro. Infine, per Pensioni più altre il computo cresce oltre le 1000 euro. Con 1897 euro al mese la perdita nel triennio corrisponde infatti a 1239 euro, per salire a 1534 euro per pensioni di circa 2181 euro.