La legge di Bilancio sta ultimando il suo iter parlamentare e in materia previdenziale le novità non sono molte. Confermato il mini aumento per la indicizzazione delle Pensioni al tasso di inflazione, riguardante esclusivamente le pensioni da 4 a 5 volte il trattamento minimo Inps, che passano dal 97% di rivalutazione al 100%. Inoltre, proroga di un anno per opzione donna e Ape sociale, ed infine, conferma per quota 100, senza correttivi. Nulla verrà più introdotto con la legge di Bilancio, soprattutto alla luce del fatto che la manovra, è in considerevole ritardo e probabilmente salterà la terza lettura in Senato e il testo arriverà bloccato alla Camera dei Deputati.
Il rischio di esercizio provvisorio, non riuscendo ad approvare la manovra entro il 31 dicembre, è un rischio che va scongiurato, ma questo significa che, per chi attendeva novità in materia pensionistica, dovrà aspettare l'anno nuovo. La riforma delle pensioni resta argomento di attualità, ma probabilmente il governo inizierà a mettervi mano, dopo la manovra economica, quando inizieranno i summit coi sindacati e si riaprirà il tavolo di discussione.
L'argomento resta sempre il superamento di quota 100, perché la misura, confermata così come è stata prodotta dal governo giallo-verde, rischia di causare uno scalone di 5 anni o più, nel momento in cui quota 100 sparirà nel 2022. Evitare la pesante penalizzazione che subirebbero i lavoratori esclusi dal canale di uscita, sarà al centro del tavolo delle trattative e già si ipotizza, come riporta il quotidiano "Il Messaggero", l'ingresso di alcune misure flessibili.
Cosa potrebbe accadere dopo la legge di Bilancio
Come dicevamo, confermata la quota 100 senza correttivi e pertanto alcuni lavoratori continueranno a maturare il diritto all'uscita anticipata a partire dai 62 anni di età, con contestualmente almeno 38 di contributi. Il governo nella manovra, ha solo presentato il calcolo dei soldi che si risparmiano rispetto agli stanziamenti, per via del minore appeal che la misura ha avuto verso i cittadini.
Per il resto, tutto invariato, comprese le finestre di decorrenza che sembravano sul punto di essere corrette. La decorrenza delle pensioni con quota 100 quindi, resterà di 3 mesi nel settore privato e di 6 mesi nel Pubblico Impiego. Che qualcosa debba cambiare, sono gli stessi rappresentanti del governo a dirlo. Tra un soggetto che esce dal lavoro con la quota 100 nel 2021, ed uno che non rientrerà perché completa i requisiti nel 2022, l'uscita dal lavoro potrebbe essere differente di ben 5 anni, poiché gli "sfortunati", dovranno ripiegare sulle pensioni di vecchiaia a 67 anni o su quelle anticipate con 42 anni e 10 mesi di contributi (per le donne un anno in meno).
Il Ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo ha già confermato il suo impegno a riaprire il confronto coi sindacati, con interventi sui lavori gravosi e sulla separazione tra previdenza ed assistenza. Argomenti che verranno trattati, sempre secondo il Ministro del Lavoro, creando due commissioni ad hoc.
Misure flessibili differenti da quota 41
Il governo Lega-M5S che varò quota 100 aveva in mente di proseguire la riforma delle pensioni, sostituendo la misura per quotisti, con la quota 41. Si tratta di una misura che può benissimo essere considerata, una nuova pensione di anzianità, perché consente a tutti di lasciare il lavoro raggiungendo i 41 anni di contributi versati. Una misura che non avrebbe però i connotati della flessibilità, che resta principio cardine di tutte le ipotesi di intervento previdenziale per il futuro.
Per i lavori gravosi, la commissione che la Catalfo vorrebbe aprire, porterebbe ad allargare il campo delle attività logoranti previste dall'Ape sociale. Bisogna individuare quali sono le categorie che, per via della pesantezza delle mansioni svolte, sono meritevoli di un trattamento agevolato in termini di uscita dal lavoro.
Il tema più caldo però, resterà da quota 100 e come uscire dalla misura nel 2022. Costringere chi non è riuscito a centrare i requisiti minimi per la quota 100, a restare al lavoro per molti anni dal 2022, resta un pericolo da scongiurare. Su questo tema le ipotesi sono molteplici e probabilmente, finiranno sul tavolo con i sindacati nel 2020. Tra le ipotesi emerse già nei mesi passati, quella del Presidente del Centro Studi Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla.
"Ok Quota 100, ma con penalizzazioni di assegno in base agli anni di anticipo", questa l'idea di Brambilla. Anche Marco Leonardi, che era stato consigliere economico del governo, ai tempi dell'esecutivo PD del Presidente Gentiloni, ha ribadito come proposte di riforme sulla flessibilità, da anni sono state presentate. Usare il calcolo contributivo aprendo ad una pensione a 64 anni di età con 36 di contributi, questa l'ipotesi di Leonardi.
Tutti sembrano concordare però, sulla necessità di affiancare a misure di flessibilità, magari facendo rimettere qualcosa ai pensionati in termini di assegno, a misure rivolte a determinate categorie di soggetti. Più o meno quello che anche il Presidente Inps Tridico, asserì quando parlò di coefficienti di gravosità, ipotizzando pensioni con requisiti differenti in base alla tipologia ed alla pesantezza del lavoro svolto.
E proprio Leonardi, da tempo, ha aperto ad una soluzione che produca un reddito ponte che accompagni chi svolge lavori gravosi (tutti i lavori manuali secondo Leonardi), i disoccupati, gli invalidi o chi ha invalidi a carico, fino alla vera pensione loro spettante.