In agenda è stato fissato un incontro tra Governo e sindacati il prossimo 27 gennaio. Al Ministero del Lavoro, Governo e parti sociali riapriranno la discussione sulla riforma delle Pensioni e su quello che bisogna fare per il dopo quota 100. A sentire le varie proposte che quotidianamente vengono fuori, la distanza tra Governo e sindacati è piuttosto importante. L'idea dell'esecutivo è di superare quota 100, aumentando l'età pensionabile da 62 a 64 anni. Dai sindacati invece si spinge per una misura di pensione flessibile con 62 anni di età e 20 di contributi.

La discussione nell'incontro verterà oltre che su queste due idee, anche sulle pensioni future dei giovani, sul calcolo delle pensioni con il sistema contributivo e sulle carriere discontinue.

Argomenti che il Sottosegretario al Ministero del Lavoro, Francesca Puglisi ha affrontato in una intervista al quotidiano la Repubblica. La rappresentante Dem tra le altre cose ha presentato una sua personale proposta di riforma che a primo impatto, sembra collocarsi più o meno a metà tra la proposta dei sindacati e la quota 102 del governo. La Puglisi propone una pensione a 64 anni di età, ma senza necessariamente subire le penalizzazioni di assegno derivanti dal ricalcolo contributivo delle pensioni. Inoltre, il Sottosegretario ha in mente misure e incentivi che faciliterebbero la pensione per chi ha carriere discontinue, come lo sono quelle di molte donne e giovani.

In pensione con 64 anni di età e 35 di contributi senza rimetterci nulla

La proposta della Puglisi potrebbe essere una valida linea di mediazione in vista dell'incontro di lunedì 27 gennaio al Ministero del Lavoro. Una mediazione necessaria, perché ad oggi le linee delle parti sociali sono lontane da quelle dell'esecutivo. Distanze che non riguardano solo l'età di uscita dal lavoro o il montante contributivo da detenere quando si deve andare in pensione.

Su queste cose è evidente che il Governo ragioni in termini di spesa pubblica da contenere, alzando le asticelle per il doppio requisito anagrafico-contributivo.

La distanza è presente anche sul metodo di calcolo delle pensioni. Ogni proposta che arriva da ambienti vicini al Governo, anche da parte dei tecnici che stanno lavorando ad una possibile ipotesi, mette il calcolo contributivo come priorità per le nuove misure che potrebbero essere varate.

Per non andare ad incidere sul costo della spesa previdenziale, le pensioni andrebbero calcolate con il sistema contributivo, in modo tale che ogni nuovo pensionato percepisca un assegno in linea con quanti versamenti ha fatto durante la sua carriera. In questo senso, dal momento che i sindacati non sono favorevoli a misure che taglino gli assegni previdenziali, la proposta della Puglisi è da tenere in considerazione perché sarà necessario un compromesso per trovare una soluzione di riforma condivisa. Il Sottosegretario propone una misura che permetta l'uscita flessibile dal lavoro a partire dai 64 anni di età, con almeno 35 anni di contribuzione versata e senza penalizzazioni di assegno. Una soluzione senza ricalcolo che dal punto di vista delle coperture verrebbe finanziata destinando i risparmi di quota 100 e rimodulando l'Iva.

Secondo la Puglisi la sua proposta è simile a quella del suo collega Dem, Tommaso Nannicini, che ha depositato un disegno di legge in cui c'è la pensione flessibile a 64 anni di età con 20 anni di contributi, ma con il ricalcolo contributivo degli assegni anche per chi avrebbe diritto al calcolo con il sistema misto.

La questione dei troppi contributi da raggiungere

Se ci potrebbero essere delle obiezioni alla proposta della Puglisi riguardano senza dubbio i contributi da versare per rientrare in questa specie di quota 99 (64+35). I lavoratori che hanno carriere discontinue continuerebbero ad essere penalizzati per le evidenti difficoltà a raggiungere i 35 anni di contributi necessari. Anche con quota 99 si continuerebbero a penalizzare donne, precari e giovani.

Si continuerebbe sulla stessa linea di quota 100, che prevede il raggiungimento di 38 anni di contribuzione previdenziale, una soglia considerata troppo elevata anche dai sindacati. La Puglisi da questo punto di vista ha una sua idea. Basterà concedere alle lavoratrici che negli anni sono diventate mamme un anno di sconto sui contributi per ogni figlio avuto. E non ci sarebbero vincoli o limiti a questo sconto, perché sarebbe un anno di sconto per ogni figlio, a prescindere dal numero. Per i giovani, che notoriamente hanno carriere discontinue per via del precariato e della disoccupazione, anche per la Puglisi occorre una pensione di garanzia. Una pensione da 750 euro al mese garantita, a condizione che ci siano almeno 20 anni di contributi versati. E per ogni anno di contribuzione successivo ai 20 minimi necessari, la pensione erogata salirebbe di 15 euro.