Quota 100 consentirà di uscire dal lavoro con minimo 62 anni di età e con almeno 38 di contributi, anche nel 2020 e nel 2021. per evitare l'innesco di un nuovo caso esodati, alla pari di ciò che accadde all'indomani della riforma Fornero, il governo ha deciso di lasciare attiva la misura per tutto il periodo di sperimentazione inizialmente previsto. Quota 100 scomparirà il 31 dicembre 2021 e ciò che lascerà dopo, costringerà il governo ad intervenire con una riforma. C'è da contrastare lo scalone 2022 e secondo un articolo di approfondimento del quotidiano "la Repubblica" di ieri 2 gennaio, l'ipotesi più fattibile è quella di fissare a 64 anni l'età di uscita flessibile dal lavoro.

Una ipotesi che, come si legge sul giornale, sembra sia largamente condivisa. Alberto Brambilla, Maria Luisa Gnecchi, Marco Leonardi e Michele Reitano, hanno rilasciato dichiarazioni e proposte che sembrano vertere tutte nella stessa direzione, che è quella di riformare il sistema con misure strutturali e flessibili.

Il post quota 100

Tra gli ultimi beneficiari della quota 100 a 62 anni ed i primi esclusi da questa misura, potrebbero esserci sette anni di differenza in termini di aggancio della pensione. Anche con differenze anagrafiche di pochi giorni, lo scalone sarebbe importante se non si riuscisse a trovare una soluzione alternativa. Differenze enormi tra i nati negli ultimi giorni del 1959 ed i nati nei primi giorni del 1960, cioè tra chi compirà i 62 anni entro la fine del 2021 e chi invece li compirà ad inizio 2020.

I secondi infatti, dovrebbero attendere le soglie di uscita della legge Fornero, cioè la pensione di vecchiaia a 67 anni e la pensione anticipata con 42,10 o 41,10 a seconda che il richiedente sia uomo o donna. Ecco perché si cercano vie alternative, con la pensione a 64 anni di età, con 36 o 38 di contributi che potrebbe ridurre questo scalone.

Con questo strumento, verrebbe fornita la tanto agognata flessibilità in uscita, perché la misura sarebbe opzionale. Il lavoratore dovrebbe decidere se lasciare o meno il lavoro, in base alle sue esigenze, alle condizioni di lavoro svolte e soprattutto in base alle condizioni economiche della sua famiglia. Un tassello di questo ipotetico nuovo strumento è il ricalcolo contributivo della pensione.

Scegliere di uscire già a 64 anni, costringerebbe i pensionati, a subire il calcolo contributivo della pensione, anche se un a parte dei loro contributi versati, avrebbe dovuto avere il ricalcolo retributivo. Ciò significa che chi opterà per questa uscita anticipata, perderà una parte di pensione, commisurata agli anni di anticipo rispetto ai 67 anni di età.

Le proposte a confronto

Come dicevamo, diversi tecnici ed esperti sembrano convergere sull'idea di riforma del sistema con una età di uscita a 64 anni. Per Maria Luisa Gnecchi, per un decennio parlamentare Pd ed in procinto di diventare vicepresidente dell'Inps, occorre pensare anche a sconti per le donne, per chi non ha carriere continue e per chi svolge lavori pesanti.

Per la Gnecchi, un operaio vive meno di un dirigente, almeno stando alle statistiche sulla aspettativa di vita. Inoltre per i giovani di oggi, che oltre ad essere vessati dalla difficoltà a trovare un lavoro duraturo, potrebbero avere difficoltà a ricevere Pensioni future degne, occorre garantire almeno una pensione pari all'assegno sociale. Su giovani e lavoro gravoso verte anche il pensiero di Michele Raitano, esperto previdenziale e docente universitario all'Università "La Sapienza". "I poveri di oggi saranno poveri anche da pensionati", così Raitano spiega che le attuali regole di pensionamento sono sbagliate. Per l'esperto, serve ripristinare la commissione sui lavori gravosi e serve fissare la pensione minima per i giovani.

"Sotto i 900 euro di pensione al mese, a 66 anni non ci dovrebbe essere nessuno", questo il principio che per Raitano, dovrebbe spingere lo Stato ad integrare la pensione a chi non raggiungerà quella soglia. Per il Presidente di Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla, la quota 100 è stata una misura sbagliata, ma il suo blocco nel 2020 avrebbe causato la nascita di circa 10.000 esodati. Ecco perché è stato giusto continuare con la sperimentazione fino a scadenza. Ma dal 2022 occorre correre ai ripari, dotando il sistema di misure strutturali. Lo stesso ragionamento di Marco Leonardi, attuale consigliere del Ministero dell'Economia, dopo esserlo stato per i Presidenti del Consiglio Renzi e Gentiloni.

Per Leonardi, ok ad una pensione strutturale e flessibile a 64 anni con 36 di contributi, una nuova quota 100, con calcolo contributivo della pensione. "Bisogna lasciare libera scelta ai lavoratori che per uscire prima, potrebbero essere disposti a pagare qualcosa come assegno previdenziale", questo ciò che Leonardi ha detto in chiusura della sua intervista.