Il bonus 100 euro in busta paga per chi, in piena emergenza coronavirus, è in sostanza un premio presenza che si vuole dare a chi ha avuto l'obbligo di andare a lavoro. Riguarda categorie che hanno dato servizi essenziali all'Italia in una fase critica. E' stato annunciato in una delle conferenze stampa tenute dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal ministro dell'Economia Giuseppe Gualtieri. Oggi ci sono incertezze sul metodo di calcolo, considerato che la cifra da aggiungere alle retribuzione netta è frutto di un calcolo basato su un rapporto tra ore lavorate e ore lavorabili.

Il Sole 24 ore, in particolare, ha segnalato la necessità di un chiarimento relativo al metodo di conteggio qualora per il mese di marzo debbano essere considerati ferie, congedi o altre situazioni

Bonus presenza: vale rapporto tra ore lavorate e ore lavorabili

Il bonus 100 euro non rappresenta un possibile introito aggiuntivo per quanti, a marzo, hanno lavorato in smart working. Riguarda unicamente chi si è recato fisicamente sul posto di lavoro. Si basa sulle effettive ore di impiego ed è proporzionato in base a determinati parametri. Chi, ad esempio, lavora 40 ore settimanali e considerando 22 giornli lavorabili, nel terzo mese dell'anno avrebbe dovuto lavorare 176 ore. Immaginando che un lavoratore tipo con questo tipo di impegno lavorativo abbia lavorato per 104 ore in azienda e per 72 in smartworking, avrebbe un rapporto utile al calcolo del bonus di 104 su 176.

Il valore sarebbe del 59,09% da calcolare sui 100 euro. La stessa cifra verrebbe fuori dall'eventuale rapporto tra giorni lavorati con presenza fisica sul luogo di lavoro e giorni lavorabili.

Il Sole 24 ore chiede chiarimenti sui vari tipi di assenza

Il mese preso in esame dall'esempio pone all'attenzione un lavoratore che ha sempre lavorato nel mese di marzo.

Ci si chiede, dunque, cosa accadrebbe qualora un lavoratore si fosse assentato per ferie o malattia. La curiosità riguarda soprattutto il primo caso, considerato che la concessione delle ferie arretrate era un processo incentivato anche da fonti governative in questa fase, vista l'impossibilità a tenere aperte molte filiere produttive.

Secondo quanto evidenzia il Sole 24 ore le giornate in cui non si è lavorato per i motivi citati non andrebbero considerate né al numeratore né al denominatore del rapporto finalizzato al calcolo del bonus. Accadrebbe, però, che chi ha lavorato 17 giorni in sede ed è stato 5 giorni in ferie avrebbe lo stesso surplus economico di chi ha lavorato 22. Di fatto si andrebbe in controtendenza con il principio di voler premiare chi si è recato sul posto di lavoro. Secondo quanto pone in risalto il quotidiano potrebbe essersi trattato di una scelta voluta, dato che misure come le ferie potevano, per l'appunto, essere legittimate per evitare il contagio. Al di là della considerazioni Il Sole 24 ore chiede un chiarimento poiché non è possibile desumere se tutte le assenze possono essere equiparate. Il riferimento va anche a permessi e infortuni.