Riparte domani, mercoledì 16 settembre, il tavolo di confronto tra governo e sindacati sulla riforma delle Pensioni, soprattutto sulle misure necessarie a superare le uscite a quota 100. Come ribadito nei giorni scorsi dal viceministro dell'Economia, Antonio Misiani, la sperimentazione della quota 100, iniziata a gennaio del 2019, avrà termine il 31 dicembre 2021. Le soluzioni sulle quali il governo tratterà con i sindacati si basano sulla flessibilità delle pensioni con ipotesi di uscita a partire dai 62-63 anni, ma con l'applicazione di penalizzazioni.
Tuttavia i sindacati porteranno avanti la richiesta della quota 41 per tutti, misura che consentirebbe a chi totalizzerà 41 anni di contributi di andare in pensione senza tener conto dell'età anagrafica.
Riforma pensioni 2020, novità tavolo domani 16 settembre: uscita anticipata a quota 41 e a 62-63 anni
La riforma delle pensioni, dunque, partirà da una decisione già annunciata: la volontà del governo di superare le pensioni anticipate a quota 100. La strada tracciata dal ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, è quella di garantire una maggiore flessibilità in uscita, anche favorendo il ricambio generazionale con i giovani da inserire nel mercato del lavoro, rafforzare il tema della discontinuità lavorativa, causa di un non congruo numero di anni di versamenti e di pensioni basse soprattutto per le nuove generazioni, e di affrontare l'ipotesi della pensione di garanzia per i più giovani.
Accanto alle proposte che il governo metterà sul tavolo della discussione, i sindacati spingono per la quota 41 per tutti, vecchio progetto di proseguo della riforma previdenziale già del governo Conte-1, con Matteo Salvini e Luigi Di Maio impegnati a mantenere le promesse ai lavoratori precoci al termine (o in alternativa) alla sperimentazione della quota 100.
Pensioni anticipate a quota 41 ad oggi per i lavoratori precoci: alternativa a quota 100
Attualmente, la pensione anticipata a quota 41 è prevista con i 41 anni di contributi unitamente a un anno di versamento prima dei 19 anni di età e ad altri vincoli che si ritrovano già nell'anticipo pensionistico Ape social, misura introdotta qualche anno fa, prima dell'avvento del governo Lega-M5S.
La quota 41 proposta dai sindacati toglierebbe il vincolo dell'anno di versamento adolescenziale, allargando una platea attualmente penalizzata, per lo più, da contributi non versati dal datore di lavoro in età giovanile. Ma la riforma riproporrebbe l'età di uscita flessibile dal 1° gennaio 2022, con requisito anagrafico fissato a 62-63 anni, lo stesso che si riscontra nelle pensioni a quota 100, ma con una penalizzazione sulla quale si stanno facendo dei ragionamenti e stimabile nel 2,8-3% del montante retributivo (introdotto nel 1996) per ogni anno che si desidera anticipare rispetto alla pensione di vecchiaia dei 67 anni. Calcoli alla mano, alla flessibilità delle pensioni potrebbe essere interessata una platea di circa 150 mila lavoratori che potrebbero lasciare il lavoro con 4-5 anni di anticipo.
Tuttavia, una stima più contenuta rispetto all'anticipo effettivo dei contribuenti sulla pensione di vecchiaia, fisserebbe nel taglio medio del 5% l'importo della futura pensione.
Riforma pensioni, spesa pensionistica e requisiti legge Fornero: in Italia troppi under-65 in pensione
Tra le richieste del sindacato in merito alla riforma delle pensioni, figurano anche l'abolizione dell'adeguamento automatico alla speranza di vita, meccanismo applicato dalla riforma Fornero anche alle pensioni anticipate, tuttora esenti dagli incrementi contributivi fino al 2026 grazie proprio al decreto che ha istituito quota 100 nel gennaio 2019. Le idee di riforma della previdenza italiana, tuttavia, dovranno essere confrontate con l'andamento dei conti dello Stato e con le prospettive di crescita in tempi di emergenza sanitaria.
In quest'ottica, il governo dovrà cercare di correggere la composizione della spesa pensionistica e i relativi beneficiari. Nel bollettino dell'ultimo Piano nazionale delle riforme, il dato più significativo che si legge riguarda la percentuale di spesa pari al 16% a favore delle pensioni degli under-65, contribuenti andati via da lavoro con due o più anni di anticipo rispetto alla soglia raccomandata dalla riforma Fornero, ma anche pensionati invalidi e superstiti. Insieme alla spesa pensionistica, che nel 2020 si stima in crescita del 2,1%, il dato in crescita dei pensionamenti under-65 andrebbe in controtendenza con le raccomandazioni della Banca centrale europea che auspica una maggiore partecipazione alle forze lavoro dei lavoratori anziani.