Martedì 8 settembre riprenderà il confronto tra governo e sindacati sulla riforma delle Pensioni e sulle modifiche a quota 100: l'obiettivo è quello di arginare lo scoglio del 1° gennaio 2022, giorno a partire dal quale numerosi contribuenti in possesso dei requisiti di uscita per la quota 100 (62 anni di età unitamente ad almeno 38 di contributi), non rientrerebbero più nella sperimentazione della misura prevista dal 2019 al 2021 e dovrebbero differire l'uscita mirando ad altre formule di pensioni anticipate o direttamente alla pensione di vecchiaia dei 67 anni.

La parola d'ordine è flessibilità, che vuol dire rinunciare ad una parte di pensione, ad una quota del futuro assegno, pur di uscire prima dal lavoro. L'attuazione della flessibilità si profila con tagli all'assegno pensionistico fino al 3% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni delle pensione di vecchiaia.

Pensioni anticipate: proposte riforma quota 100, uscita da 62 anni e penalizzazione del 3% per ogni anno di anticipo

E, dunque, l'ipotesi che si sta facendo strada nella riforma delle pensioni è quella di un meccanismo che permetta l'uscita (come con quota 100) a partire dai 62 anni di età (o anche 63, come l'anticipo pensionistico Ape) e con un numero di anni di contributi minimo pari a 38 (ma sul tavolo permangono simulazioni anche con 36 anni), prevedendo però una penalizzazione per agganciare il meccanismo contributivo puro del 2,8-3% per ogni anno di anticipo rispetto all'età richiesta per la pensione di vecchiaia, ovvero i 67 anni.

Per un anticipo pieno, ovvero dai 62 anni di età e con 38 di contributi (come attualmente prevede quota 100), la penalizzazione potrebbe arrivare fino al 15% dell'importo della pensione futura. Proprio la riforma delle pensioni sarà uno dei capitoli della legge di Bilancio 2021: il meccanismo della flessibilità in uscita dei lavoratori con la rimodulazione della quota 100 sarà uno dei pilastri che il governo proporrà ai sindacati uniti (Cgil, Cisl e Uil) nei tavoli previsti già dai prossimi giorni.

Inoltre, il meccanismo potrebbe diventare anche uno degli strumenti da usare insieme agli altri ammortizzatori per far fronte alle crisi aziendali, soprattutto dopo che verrà ripristinata la disciplina sui licenziamenti, attualmente bloccati per le misure anti-Covid.

Riforma pensioni: oltre quota 100 nel confronto governo-sindacati anche uscita a quota 41

La rimodulazione della quota 100 non sarà l'unico strumento sul tavolo della trattativa della riforma delle pensioni. Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, la soluzione della flessibilità in uscita non sarebbe sgradita ai sindacati che, in ogni modo, proporranno al governo il progetto della quota 41 per i lavoratori precoci, ovvero il diritto al pensionamento in presenza di 41 anni di contributi indipendentemente dall'età di richiesta della pensione. Ma nel novero delle proposte, governo e sindacati dovranno fare i conti con il paletto dei costi sul bilancio dello Stato e sul ripristino dell'adeguamento automatico del requisito anagrafico di uscita per le pensioni anticipate alla speranza di vita, bloccato dal governo Conte-1 fino al 2026, contenuto proprio nel decreto del gennaio 2019 che ha istituito la quota 100.

Sui conti pubblici, al governo potrebbero tornare utili i risparmi di circa 3-4 miliardi di euro derivanti dal minor numero di domande di uscita per quota 100 pervenute nel corso del 2020. Più arduo sembra invece il ripristino dell'adeguamento alla speranza di vita delle pensioni anticipate, introdotto con la riforma Fornero, e sul quale, in ogni modo, in più occasioni Bruxelles ha fatto appello per la riduzione dei costi previdenziali.