Il 21 marzo 2017, proprio nelle stesse ore in cui la Regione Piemonte varava una legge regionale per contrastare il crescente e pericoloso fenomeno del #cyberbullismo, Federica Zanella, presidente della sezione lombarda del #CoReCom, intervenuta all’incontro “Legalità e rispetto si imparano da giovani”, organizzato dallo stesso Comitato regionale per le comunicazioni in collaborazione con l’associazione “la Banda degli onesti”, denunciava che sono più di 71 mila i giovani lombardi compresi tra i 15 e i 24 anni che hanno avuto almeno una esperienze di cyberbullismo.
Un numero troppo alto per essere tollerato. E c’è di peggio. L’aspetto più preoccupante è che questo fenomeno è in costante crescita.
Dove avvengono gli episodi
Nel 2016, la OssCom e l’Università Cattolica di Milano hanno effettuato una certosina e dettagliata, oltre che importantissima, ricerca. I risultati, ovviamente, sono stati consegnati al Corecom Lombardia. Allarmanti più di quanto si potesse immaginare i dati che sono emersi. Addirittura il 46% degli atti di bullismo avviene di persona e il restante 54% avviene attraverso i canali telematici, dove evidentemente c’è troppo poco controllo. Dalla ricerca viene fuori che Facebook è causa del 36% degli episodi di cyberbullismo, la chat WhatsApp del 27%, le chiamate o gli sms sul cellulare rappresentano il 19% degli atti di bullismo, Instagram l’8%, mentre Twitter e Youtube sono usati dal 4% a testa dei cyberbulli.
Il resto è fatto da Snapchat e Tumblr. Da non sottovalutare i siti di videogiochi online, dove si creano veri e propri gruppi di invasati.
Cresce il “sexting”
Dai dati forniti dall’indagine conoscitiva del fenomeno, inoltre, è emerso che 230 mila adolescenti di Milano conoscono personalmente una o più di una persona che ha avuto problemi con reati commessi via internet.
Uno su cinque, che significa il 22% di questa enorme cifra, almeno una volta nela vita ha ricevuto messaggi con parole, immagini o video a sfondo sessuale. Quindi, si è trovato direttamente coinvolto nel fenomeno del “sexting”: messaggi diffusi per il 53% dei casi attraverso Facebook e per il 35% tramite WhatsApp (la percentuale restante è completta dagli altri social network).
Tra l’altro, fra il 2014 e il 2017, Web Reputation, che è un apposito sportello del CoReCom ha raccolto segnalazioni e richieste di aiuto. Preoccupanti anche questi dati. Il 46% delle segnalazioni riguardano il furto di identità o di dati personali (rubati dai profili sui social network). Un altro 25% sono richieste di cancellazione di contenuti che contengono insulti, offese diffamatorie o atti di cyberbullismo. Il 29% delle richieste riguarda la rimozione di foto e video a sfondo sessuale.