Il cyberbullismo, ovvero il bullismo in rete, è un fenomeno purtroppo sempre più diffuso tra i giovani e miete molte vittime. Messaggi offensivi, danneggiamento della reputazione e contenuti lesivi della dignità possono rovinare il presente ma anche il futuro della vittima designata.
"Basta" avere una connessione internet o un social network, "scegliere" la persona che si vuole colpire e la vita della persona prescelta è rovinata. E purtroppo messaggi offensivi li possiamo ritrovare anche su Facebook e Whatsapp. Con le nuove tecnologie, purtroppo, non si ha idea dei danni che si possono provocare perché ci si sente protetti dietro uno schermo.
Ed è quindi qui che deve entrare in ballo il ruolo dell'educazione. Ma come fermare questo nuovo tipo di violenza?
Cosa fare contro il cyberbullismo
Prima di tutto bisogna educare i bambini e i giovani all'uso dei media. Come fare? In questo caso svolgono un ruolo importante la famiglia, la scuola, la chiesa e tutti coloro che sono responsabili dell'educazione dei minori. Educarli all'uso consapevole dei nuovi strumenti di comunicazione, far capire loro che un messaggio offensivo lede l'altra persona e che lo schermo di un telefono o di un pc non ci autorizza a certi tipi di comportamenti.
È importante, quindi, parlare con i propri figli, instaurare con loro un rapporto di fiducia e soprattutto parlare di cyberbullismo sia in casa che a scuola per non far diventare il bullismo in rete uno dei tanti tabù.
Cyberbullismo: il Piemonte supera il Parlamento
Contro il bullismo e il cyberbullismo la regione Piemonte ha avviato l'iter per una legge regionale, idea nata dopo il suicidio della giovane Carolina Picchio, quattordicenne vittima dei bulli. La proposta è stata presentata ieri, 20 marzo 2017, da Andrea Appiano, Davide Gariglio e Elena Ferrara, insieme al padre di Carolina, Paolo.
Ad oggi la legge nazionale è ferma in Parlamento in quarta lettura.
Le vittime
Generalmente le vittime prescelte per il cyberbullismo sono i bambini di 9-13 anni, soggetti di foto umilianti o destinatari di frasi offensive. Molto spesso le vittime non riescono ad esternare il loro dolore e la loro umiliazione: si rinchiudono in sé stessi e non hanno il coraggio di parlare con qualcuno, di sfogarsi o magari denunciare.
Ed è qui che deve entrare in gioco il ruolo degli insegnanti, dei genitori e degli educatori che devono saper captare le difficoltà della vittima. Perché una frase offensiva o una foto che in pochi minuti fa il giro della rete può portare anche a conseguenze tragiche.