In uno sperduto villaggio di Maffersdorf, in Boemia, sotto l’impero austro-ungarico, il 3 settembre del 1875, nasce Ferdinand Porsche. La sua è una famiglia umile, padre stagnaio, madre casalinga che accudisce oltre a Ferdinand altri quattro fra sorelle e fratelli. Già dalla prima infanzia, Ferdinand, mostra delle evidenti capacità nel campo delle scienze e in particolare nel settore dell’elettricità.

Un suo marchingegno, elaborato a soli 16 anni, in grado di produrre elettricità, consente alla sua famiglia di utilizzare questa fonte energetica nell’abitazione.

E’ predestinato ad abbandonare il suo villaggio e a non seguire le orme del padre Anton: il suo genio lo porta a Vienna dove lavora, ancora giovanissimo,  con la più grande industria automobilistica tedesca, la Daimler (oggi Mercedes) in qualità di designer di macchine da corsa. Si devono a lui i primi modelli di macchine elettriche come la Lohner Porsche.

Il suo grande sogno, però, è quello di realizzare  una macchina per il popolo e, in un’epoca in cui solo i ricchi possono permettersela, incontra molte difficoltà  nella ricerca di un partner finanziario disposto a recepire la sua idea.

Sottopone il suo progetto alla Daimler, società automobilistica,  ma il suo capo non prende in considerazione l’idea, poi a Zundapp un produttore di motociclette che dopo la costruzione di 3 prototipi abbandona il progetto.

 Il 23 aprile 1931 crea uno studio di progettazione tutto suo, a Stoccarda e continua la ricerca di un partner che sembra trovare nella NSU che però fallisce  e Ferdinand Porsche si ritrova di nuovo da solo ad inseguire il suo sogno.

Non sa che in Germania c’è un’altra persona che desidera coronare lo stesso suo sogno ed è in cerca di un partner:  Adolf Hitler.

Hitler, nel 1925, quando è ancora poco conosciuto nel mondo della politica, legge che Henry Ford, con il Modello T, ha creato per la prima volta una macchina per un pubblico più vasto e include nel suo programma politico la costruzione di una macchina per il popolo tedesco: la Volks Wagen.

Nel 1934 Hitler, che si è da qualche anno insediato fortemente nel potere politico tedesco, e Ferdinand Porsche si incontrano e da quell’incontro nasce un mito: l’intramontabile Maggiolino.

Ferdinand Porsche, consapevole che solo con l’appoggio di un personaggio forte come Adolf Hitler riuscirà finalmente a concretizzare quel sogno che insegue da anni, accetta le difficili condizioni che gli vengono imposte. La macchina deve avere i  seguenti requisiti:

  • correre 100 km/h in autostrada;
  • fare 7 km con un litro di benzina;
  • essere capace di trasportare 2 adulti e 3 bambini;
  • costare meno di 1.000 Reichsmark (la macchina più economica

    costa all'epoca 1.500 Marchi);

 

Mentre dal suo  “Reseconto sulla costruzione di una vettura per i tedeschi”, scritto il 17 gennaio 1934, si evince che  le caratteristiche dell’automobile devono essere: affidabilità inanzitutto, accogliere 4 persone, raggiungere la velocità fino a 100 km e superare pendenze del 30%.

Nel 1936, nasce il primo prototipo di Maggiolino, a cui ne seguirono altri 30 che vengono collaudati con l’acronimo di VVW30,   percorrendo insieme ca. 2,4 milioni di km. Nel 1938 il Maggiolino è pronto: attraverserà la storia fino ad oggi con la sua caratteristica forma dai lineamenti arrotondati che rimandano all’altrettanto noto ed amato insetto: la coccinella.

La VW Type 1, ovvero il Maggiolino, nel 1939, viene ufficialmente presentata alla stampa, e sempre in quell’anno, inizia la costruzione della fabbrica che avrebbe prodotto in serie l’auto, con un costo di 990 Reichsmarkr rateizzabili  in 4 anni, all’incirca 5 marchi a settimana.                                                   

Il successo è enorme e bloccato, parzialmente, solo dalla guerra scatenata dallo stesso Hitler el settembre di quell’ anno.

Così da Volkswagen  “macchina del popolo” si trasforma in “Kubelwagen” (Kubel significa mastello), in “Schwimmwagen” (la versione anfibia) e in “Kommandeuwagen” per comandanti e generali.

La produzione civile riprende a Wolfsburg nel 1945, ma solo il 1° gennaio 1948 inizia la vera storia del Maggiolino e cioè quando gli inglesi restituiscono la fabbrica di Wolfsburg all'amministrazione locale, ponendo l'ingegner Heinrich Nordhoff a responsabile dell'azienda.

L’ing. Nordhoff porta il Maggiolino e la Volkswagen al successo in tutto il mondo e in ogni luogo verrà sempre identificato ed associato allo stesso insetto: non si è mai verificato che una automobile praticamente senza nome, in ogni paese, venga identificato sempre e solo con il nome di Maggiolino tradotto nelle diverse lingue.

Così in America e Inghilterra lo chiamano “Beetle“, in Germania, Austria e Svizzera “Käfer, in Belgio e nei Paesi Bassi “Kever“, nella ex Jugoslavia “Buba“, in Spagna “Escarabajo“, in Portogallo “Carosca“, in Brasile “Fusca“, in Francia “Coccinelle“, in Svezia “Bubbla” ed in Messico “Sedan“.