Qualora non fosse evidente, il mondo delle Moto ha subito un cambiamento radicale negli ultimi anni. I modelli di serie sono stati abbandonati da una consistente fetta di motociclisti e vecchi modelli impolverati sono stati tirati fuori dai garage per essere ripresi dal punto di vista meccanico e ancor più da quello estetico.

All'origine del termine café racer, vi è un'accezione negativa. Con questo termine nel Regno Unito venivano indicati i rockettari anni 60/70, i quali erano soliti posteggiare le loro moto davanti ai bar che frequentavano.

Erano moto che si ispiravano alle veicoli da corsa di quegli anni. Da cui i manubri abbassati e il cupolino di stampo corsaiolo. Ad andare alla sostanza, la cura dei motori venne esasperata solo col passare degli anni e senza neanche esagerare troppo. A detta di molti café racers, purtroppo è l'edonismo del proprietario a dettare gli stilemi delle loro motociclette. Il loro credo: Fuggire dagli standard commerciali per ottenere un mezzo caratteristico, particolare, insomma "unico".

Ma l'essenza delle cose, la loro anima, il motivo del loro essere, capita, oggi come non mai, che possa essere travolto dagli interessi di mercato, dalle mode, dal web. E la stessa idea di abbandonare le mode del momento, di abbandonare la tendenza per tornare all'essenziale, all'idea ancestrale di moto, quella stessa idea si è trasformata in una tendenza e sembra che a breve potrebbe finire col rinnegare la propria origine.

La Triumph con la Thruxton (2004-2015) si era accorta del fenomeno e prima di lei molte altre case in Europa avevano realizzato café racer di serie. Successe persino nel 75 con il prototipo MotoBi 250 CR. Solo che l'idea si fermò al prototipo, nonostante l'incoraggiante accoglienza ricevuta. Anche le grosse case giapponesi se ne sono accorte e non si sono limitate a produrre una café di seria.

La casa di Iwata, di fatto vedendoci lungo, sta collaborando con dei piccoli customers di café racer (e non solo) al fine di fornire dei kit "racer" commerciali da adattare a moto di loro costruzione come la XJR 1300. E risultati come la "Botafogo" o la XV950"Pure Sports", meritano di certo tutto il rispetto di neofiti e non del mondo café racer.

I migliori customers e solo quattro café racers

Tornando all'essenza delle cose. Cercando la puzza di benzina commista a quella dell'olio è possibile trovare dei garage dove si lavora sulle moto e non lo si fa per moda. Magari lo si fa per soldi. E allora? Claude Monet non si faceva pagare forse pagare i suoi quadri. Ecco i nomi dei 4 garage che hanno più impressionato

Quattro ragazzi in tutto. O meglio: tre ragazzi -Adam, Rex ed Hugo e una ragazza, Anita. Questo il quartetto londinese di "Untitled Motorcycle"con una seconda sede a San Francisco. Una Moto Guzzi V7, la Untitled UMC-026 Guzzi che potrete trovare su The bike shed o sul sito dei quattro ragazzi, è l'espressione del loro stile.

Ad Amsterdam gli olandesi di Numbnut MotorCycles hanno di recente firmato la Botafogo su base Yamaha XJS 1300. La moto, un tributo alla leggendaria Fiat Botafogo, è un buon esempio dello stile Numbnut.

I portoghesi di "it roCks!bikes", Alexandre Santos e Osvaldo Coutinho hanno una vera e propria malattia per i monoscocca e ogni tanto tradiscono le cafè racer per le scrambler, come con la Yamaha RS400, trasformata nella CS_05 Zen.

Pedro Garcia e Efraon Triana di Café Racer Dreams e la loro #64 ispirata alla BMW R90S chiudono i conti con i quattro garage café racer.