Di lei se n’è già parlato e parecchio. Intorno a maggio-giugno di quest’anno praticamente non si faceva altro che leggere riviste o vedere video la cui protagonista non fosse che la Kawasaki Ninja H2R. In un momento in cui tutte le grandi case motociclistiche mondiali si sfidavano a suon di 200 cavalli – averne meno sembrava una colpa di cui non era possibile lavarsi – il Gotha delle due ruote è andato incontro a uno shock mai visto prima: 326 cavalli! Neanche una Moto GP ufficiale vanta una tale scuderia. Le rivali, le hypersport, quelle per pochi, quelle che vanno maneggiate con attenzione?

Dopo la H2R di loro è rimasto poco nei sogni di in ogni centauro che si rispetti. Per correttezza, però è bene dire, che la H2R non è affatto una supersportiva. Semplicemente è un’altra cosa. Troppo pesante per avere l’agilità di una Suzuki GSX-R 1000– appena presentata e anche lei attesissima – e troppo estrema persino per l’omologazione stradale. La sua versione addomesticata la Kawasaki Ninja H2, conta ben 225 cavalli e anche lei non ha la stoffa e la leggerezza per competere con le 1000 di serie – per questo c’è la Kawasaki ZX-10R – ma, come la sorella maggiore, non è moto che teme rivali su un rettilineo.

Il segreto nella sovralimentazione

Il centro attorno a cui ruota tutto il progetto della H2R (e della H2), infatti, ha visto coinvolto bene tre divisioni della Kawasaki Heavy Industries (KHI), la Gas Turbine & Machinery Company, la Aerospace Company e la Divisione Tecnologica del marchio.

Il motore – non si vedeva da anni su una due ruote - è sovralimentato, con un compressore centrifugo diretto dal motore stesso in maniera meccanica (niente gas per azionarlo). Guardando la moto lateralmente, più o meno dove il serbatoio entra in contatto con la sella, si nota – con un rossa acceso – la turbina del motore. Quest’ultima è collegata all’albero motore mediante una catena e riesce a girare ad una velocità circa dieci volte più elevata dello stesso – considerando un picco massimo di 14.000 giri/min, la turbina tocca i 130.000 giri/min.

Si arriva così ad una pressione di 2,4 e 1,4 bar, rispettivamente per la H2R e per la H2. L’aria immessa è di 200 litri al secondo. Lo stesso air-box non è stato realizzato come per tutte le altre moto in plastica, ma in alluminio, dovendo resistere a pressioni estremamente elevate.

Dettagli tecnici

Il launch control risulta quasi essenziale sia per la H2R che per la H2, mentre il controllo di trazione, il KTRC interviene a tre livelli - vedi Yamaha MT-10.

Presenti anche quick-shift(assente in scalata), ABS e il freno motore – come molte colleghe 1000cc.Per mantenere una temperatura ottimale, l’impianto di raffreddamento del motore è esteso a testata e condotti, con un ampia superfice impiegata dal radiatore. Pe non parlare dei 5 litri d’olio necessari al motore. La versione R è inoltre dotata di scarico in titanio, albero a camme diverso e iniezione gestita dall’elettronica. Altamente sofisticato ed elettronicamente gestito l’ammortizzatore di sterzo della Ohlins. Forcellone monobraccio per scaricare tutti i cavalli a terra. In acciaio i tubi che formano il telaio e motore con funzione semiportante. Alle sospensioni – di 43 mm - ci ha pensato la Kayaba, con pistoni da 32 mm.

L’impianto frenante Brembo ha pinze radiali con pistoni da 30 mm e doppio disco da 330 mm all’anteriore, mentre la sospensione posteriore è Uni Track.

Le sette piccole differenze

La Kawasaki per la H2R ha attinto al suo reparto aerospaziale, dotandola di una doppia coppia di alette di deportanza sull’anteriore. Ancora il telaio della H2R è in fibra di carbonio, la marmitta in titanio è Akraprovic, le gomme sono slick (e vanno riscaldate con termo coperte prima dell’utilizzo). Assenti frecce e faro – è bene ricordare che è omologata solo per uso in pista. Il prezzo: 26.000 euro per la versione umana, 53.000 per la H2R.