Fa sempre un certo effetto tornare nei luoghi che hai documentato in passato, soprattutto se avvolti da un degrado senza speranza. Nell’aprile del 2009 mi ritrovai a scrivere per il "Giornale di Napoli", all’interno delle pagine del "Roma", di uno scheletro edilizio scoperto quasi per caso, setacciando la zona di Coroglio, percorrendo in lungo e in largo le spiagge sotto il costone tufaceo. La visione fu agghiacciante: in mezzo ai rifiuti stoccati, in un’area parcheggio sorgeva questo simulacro del recente passato, diroccato e sporco, dalle sale polverose invase dai calcinacci e materiale di risulta, con le pareti imbrattate di disegni osceni.

La storia di un lido, poi ristorante

Quello che era stato un glorioso ristorante fino agli anni ’90, e prima ancora uno stabilimento balneare fino ai ‘60, era la testimonianza più viva del disfacimento bagnolese, della sconfitta politica di un territorio infarcito di promesse elettorali ed eterni ritardi della Bagnolifutura. Un luogo senza futuro, condannato ad essere rifugio di spacciatori, cocainomani, eroinomani e persino erotomani, perché la periferia, nella realtà come nell’immaginario collettivo, si accompagna troppo spesso allo squallore della prostituzione.

Eppure il lido Pola era stato un luogo felice, prima dell’arrivo del mostro Italsider e dei suoi metalli pesanti: era conosciuto come il litorale degli omosessuali e dei trans di Napoli, un'oasi di mare e sabbia per i "femminielli", i gay napoletani, quasi una piccola Long Island partenopea, se si può tentare l’azzardo LGBT.

E non sono pochi quelli che incontriamo, mentre scattiamo foto, che ricordano con nostalgia le feste, i party che si tenevano nel locale, rinomato in zona e non solo.

Lo stato attuale

Dopo 7 anni la struttura è sempre cinta dal degrado; ai suoi piedi si annidano ancora cassonetti abbandonati e sacchetti, però c’è qualcosa di nuovo e, cosa più importante, le porte sono chiuse, le saracinesche abbassate.

Sopra ci hanno dipinto pirati e sirene, tramonti e mare blu, e a farlo sono stati i ragazzi del centro sociale "Bancarotta". Dal 2013, infatti, con l’aiuto di muratori e pescatori residenti, e con l’appoggio della prima giunta De Magistris, hanno ripulito le stanze e abbellito di murales le pareti esterne, con lo scopo dichiarato di restituire a questo lembo di terra proteso verso Nisida un centro ricreativo e di aggregazione giovanile.

La strada è ancora lunga e le spiagge, dove si riversano puntualmente i bagnolesi ogni estate, incuranti degli idrocarburi e della bonifica eterna incompiuta, restano uno scempio ambientale, però è bello pensare che tra le scritte inneggianti a Nisida e Bagnoli e ai disegni di navi e bucanieri, una fiamma di speranza si sia riaccesa.