La Turchia è un Paese in bilico tra occidente e medio oriente. La sua storia richiama il passato, quando nel 1571 a Lepanto le repubbliche marinare, sotto le insegne del pontefice, distrussero la flotta turca. "Mamma, li turchi…!" è il noto grido di allarme che risuonava sulle coste ioniche alla vista dei predoni ottomani.

Da tempo il Paese si è modernizzato e ha fatto una scelta "occidentale", alleato strategico degli Stati Uniti, data la sua collocazione geografica e con volontà di fare parte della Unione Europea, candidato come sede delle olimpiadi del 2020.

Ha una economia progredita, che lo ha portato ad essere uno dei venti Paesi più sviluppati al mondo. Ma tutto questo è stato pagato con compromessi con le forze più conservatrici del Paese, grazie alle quali governa da dieci anni il presidente Recep Erdogan.

La scintilla che ha acceso la protesta è stata la delibera di abbattimento degli alberi siti in Gezi Park, nel cuore di Istanbul, per fare posto a un centro commerciale. Il luogo si trova nel quartiere simbolo della Turchia evoluta, dove hanno sede locali, cinema, teatri e ristoranti. In tal modo la scelta è apparsa subito una provocazione. Migliaia di persone sono scese in piazza e le manifestazioni si sono presto trasformate in rivolta contro la politica del presidente Erdogan.

La protesta, che è già costata tre morti e centinaia di feriti tra i manifestanti, non accenna a placarsi e si è estesa alla capitale Ankara.

Il governo ha assunto una linea dura nella repressione mentre, con riguardo all'estero, ha cercato di minimizzare i fatti, affermando che "il dissenso sarebbe presto rientrato".

Ora però la Turchia si trova di fronte una serie di problemi, da una parte il malcontento interno gonfiato a seguito di scelte conservatrici, dall'altra i suoi rapporti con l'Unione Europea, in cui dovrebbe entrare a breve, incassato il benestare della potente Germania. Un progetto che a questo punto potrebbe subire verifiche non solo economiche, ma anche politiche.