Non si tratta di raccontarequalcosa di nuovo. Sono tanti anni ormai che la Penisola italiana attraversa unacongiuntura economica pesante. Tuttavia, attualmente la situazione sembraessere peggiorata. Precarietà, licenziamenti, disoccupazione, famiglie indifficoltà costituiscono ormai esperienza abituale per la maggior parte degliitaliani.
Le nostre vie d'informazione sono portavoce di grande disagio che colpisceogni cittadino con figli o anziani che devono far conto solo sulla loro esiguapensione. Ad aiutare questo crolloanche un aumento dei prezzi (quello della benzina in primis) e dei bisogniprimari, nonché delle tasse, che rendono la vita un continuo augurarsi che ilmese passi veloce e si arrivi alla fine.
Sempre più negozi sonocostretti a chiudere, mentre le grandi piazze vengono invase da mendicanti edemarginati di ogni tipo, presenze a volte poco rassicuranti per il cittadino oturista che sia quando non apertamente inquietanti e ostili.
Certo l'economia e di conseguenzaanche gli stili di vita stanno cambiando e gli italiani stanno scontando lamaggior competitività di Paesi dove il lavoro costa meno e la resa è imponente;la globalizzazione sta difatti impoverendo i ceti medi, principalmente coloroche operano nei settori economici tradizionali, dove la manodopera straniera aminor costo determina un indebolimento delle retribuzioni di Paesi occidentali.
Lo si può notare passeggiandoper strada: la gente è meno pretenziosa di qualche anno fa, ha meno soldi daspendere, ed è una corsa continua all'affare da outlet o saldo dell'ultim'orasu merce invenduta.
Ed è forse ai pianialti che dovremmo spostare l'occhio critico alla crisi economica italiana.
E' un grave problema in un paese come il nostro, altamente legato alle istituzioni (almeno nelnumero), dove si crea anche un ministero per la solidarietà sociale, per lepolitiche familiari e le politiche giovanili e sportive, dove si divide ilministero dell'istruzione dall'università e ricerca, portando così il numerodei ministeri a 25, secondo i dati Istat (negli altri paesi solitamente sono 12),piacerebbe fosse contenuto e che fosse solo una rappresentanza su cui riderci sopra.
Sicuramente la riduzione dei ministeri, benché sembri unoscherzo farla cominciare dalla prossima legislatura e non da questa, potrebbeaiutare i conti pubblici alleggeriti da tutta una burocrazia che si portadietro ministri, viceministri, sottosegretari, capi uffici, e un corteo alseguito pacatissimo. La nostra classe dirigente deve liberarsi finalmente dal politicallycorrect, ormai appunto ridotto a deprimente ipocrisia alle questioninazionali di maggior rilevanza.
Occorrerebbe che ognuno di noi si rimboccasse le maniche e ripartisse dallavoglia che c'era qualche decennio fa, e non parlo di secoli, quando, nonostantele persistenti difficoltà, le note differenze tra nord e Mezzogiorno, c'era laforza di ritrovare la tenacia e la voglia di lavorare duramente, valorizzare igiovani, le nuove idee e le tecnologie.