Recentemente, attraverso alcune dichiarazioni di stampa, il Ministro della Salute Lorenzin ha dichiarato guerra agli happy hours. Se si pensa che l'ultimo rapporto ISTAT riferito all'anno 2013 sancisce che il consumo occasionale di alcolici e quello fuori dai pasti sono in aumento, come si può darle torto?

Secondo il rapporto sopra citato, rispetto al 2003, la quota di chi beve alcolici tutti i giorni scende dal 31% al 22,7%, ma aumenta dal 37,6% al 41,2% la percentuale di coloro che consumano alcol occasionalmente e dal 24,8% al 25,8% la quota di coloro che dichiarano di bere alcolici fuori dai pasti.

Sono i giovani tra i 18 e i 34 anni a bere di più fuori dai pasti, in genere una volta alla settimana.

Da una parte è bene ricordare l'enorme giro di affari che il fenomeno degli "happy hours" comporta per bar e locali che somministrano bevande; dall'altra non si può non evidenziare il significato di queste occasioni, spesso diventate veri e propri ambiti di socializzazione, all'insegna di slogan più o meno espliciti del tipo "se non bevi non comunichi", "se non bevi non cucchi", "se non bevi sei fuori dal mondo".

Dati devastanti se si pensa alle conseguenze: quasi 17 mila morti in Italia per incidenti collegati all'abuso di alcol; centinaia di malattie epatiche, gastrointestinali, cerebrovascolari, neurologiche, immunologiche, diversi tipi di cancro alcolcorrelati.

Tutto ciò, tra l'altro, con un costo di 1,3 punti di Pil dell'Italia (dati esplicitati a Roma in occasione dell'ultimo Alcohol Prevention Day).

Ma è solo l'alcol il "responsabile di tutti i mali" o occorre andare un po' oltre gli aspetti emotivi ?

Se da un lato è ragionevole pensare che lo Stato debba svolgere un ruolo preventivo e di controllo non con proclami, ma stanziando fondi, personale e risorse per i servizi deputati alla prevenzione ed alla cura e per quelli delegati alla verifica delle normative, dall'altro appare evidente che un indispensabile ruolo educativo lo possa e lo debba svolgere la famiglia.

E' indubbio che i genitori costituiscano la prima barriera normativa, il primo aiuto in merito all'acquisizione di consapevolezza di ciò che è il limite e di quelli che sono i confini individuali.

Gli happy hours, le discoteche aperte sino a tarda notte e le conseguenti dinamiche che vi si sviluppano, spesso, purtroppo, rappresentano il logico prolungamento di un'anomìa imperante tra gli adulti; tra genitori incapaci di comunicare, di gestire e di far riflettere le nuove generazioni sulle conseguenze delle loro azioni, più o meno edificanti.

Tutto ciò in nome di un freddo e spesso anaffettivo "così fan tutti", immerso in un vortice misto di sensi di colpe, per il troppo poco tempo dedicato alla prole, e di immaturità, di genitori già padri e madri ma mentalmente ancora troppo egoisticamente figli.

Allora, è bene affermarlo con chiarezza: lo Stato può predisporre ed attuare i migliori interventi possibili, ma non potrà mai sostituirsi alla famiglia. L'educazione ad un divertimento responsabile parte di lì e non potrà mai essere derubricata e, ancor meno, delegata. A nessuno.