Leggere il nome di Carlo Giovanardi mette sempre una certa tristezza e inquietudine. Apprendere, come si apprende dal settimanale L'Espresso, che proprio lui sarà il relatore della nuova legge sulle droghe leggere, approvata alla Camera e ora all'esame del Senato, dopo che la sua precedente legge è stata bocciata come in parte incostituzionale dalla apposita Corte, è più simile al sentire una barzelletta, che una notizia vera. Ed invece è proprio quello che accade nel nostro Parlamento.
Giustamente l'ironia da più parti si spreca, e sempre L'Espresso riporta dichiarazioni tra il serio, il faceto e l'incredulo ad esempio da parte di Patrizio Gonnella di Antigone che parla di Giovanardi relatore del Dl sulle droghe leggere, come di un dracula all'Avis; mentre per Leonardo Fiorentino, direttore di Fuoriluogo, la nomina di Giovanardi costituisce in primo luogo un insulto alla ragione.
Polemiche che, come molto altro, non sono comprensibili al diretto interessato, l'ex ministro Giovanardi che è invece soddisfatto della nuova legge, la quale conferma i principi cardine come la concezione del tossicodipendente come di "un malato da curare", e che non vede alcun problema riguardo la sua nomina a relatore. Del resto che paradosso potrebbe mai sussistere all'interno del Parlamento italiano nel momento in cui si affida la creazione di una nuova legge sulle droghe, in luogo della vecchia incostituzionale, proprio al padre della prima? Nessuno, per Giovanardi. Come non sarebbe paradossale affidare la salvaguardia di un pollaio ad una volpe.