La maggior parte dei governi mondiali e in particolare i membri della Nato stanno ora insistentemente incitando Israele e Palestina alla pace. Nella medesima direzione si muovono in Europa nei confronti della Russia. Perplessità non possono però non sorgere, nel momento in cui i moniti dei suddetti esecutivi sono accompagnati da forti pregiudizi o spesso da minacce di sanzioni. Il fatto che alcuni paesi nel mondo costituiscano una minaccia alla pace ed alla sicurezza globale è noto vista la presenza, ad esempio nel Medio-oriente, di gruppi terroristici in crescente sviluppo, o nell'Asia orientale di paesi come la Nord Corea e la Cina, che hanno entrambi regimi autoritari, poca simpatia, se non antagonismo, verso l'occidente e i suoi valori (soprattutto il rispetto dei diritti umani).

Nella lista vi rientrano numerosi regimi fra cui viene inclusa ultimamente anche la Russia. Il disastro dell'aereo malese colpito da un razzo, avvenuto nei giorni scorsi, varrebbe a definire, secondo il presidente Barack Obama (degno vincitore del premio Nobel per la pace), la pericolosità e cioè il carattere violento e guerrafondaio di Putin. Ciò malgrado ancora non sia veramente accertato di chi sia la colpa dell'accaduto. Dalla legge definita "Anti-Gay" alle posizioni filo Assad in Siria, all'opposizione verso l'intervento della Nato in Ucraina (nota storicamente per essere uno stato legato in modo profondo alla cultura russa, specie nella zona est), lo "Zar" ha assunto l'immagine di un despota da contrastare in ogni modo.

Visti gli interessi economici che governano i rapporti fra Mosca e i paesi europei, molti di questi ancora assumono posizioni di avversione meno nette e quindi agiscono con maggiore prudenza. Gli Usa e la Gran Bretagna sono invece più agguerrite e pretendono l'isolamento quanto più immediato del gigante est europeo.

Che i paesi filo americani siano per la maggior parte liberi e democratici è apprezzabile e forse giustifica le ripetute condanne verso quegli stati che aderiscono in via alternativa o contrastante ai medesimi principi.

Tuttavia non si spiega il motivo per cui i problemi mondiali debbano essere risolti con aspre accuse o provocatori ammonimenti anziché promuovere l'instaurazione di un dialogo amichevole e pacifico fra le nazioni che governano la scena internazionale. Una discussione in cui gli Usa e i paesi occidentali all'avanguardia in tema di democrazia e rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, dimostrino la loro superiorità, non nel vantarsi delle loro apprezzabilissime connotazioni, bensì nell'ascolto, nella comprensione delle pretese e dei diritti degli altri stati.

Ciò non implica l'accettazione di crimini o della violazione massiccia di diritti umani, ma cercare una soluzione condivisa che implichi anche il sacrificio di alcuni dei propri interessi per un fine comune, ovvero la costruzione di un unico villaggio globale in cui vi sia fiducia, sostegno e rispetto reciproco fra i popoli. L'isolazionismo attuato nei riguardi di paesi, poi di un certo peso, come la Russia, non fa che creare divisioni nel pianeta per l'ennesima volta e costituire i presupposti per preoccupanti scenari dall'imprevedibile sviluppo. Sarebbe auspicabile perciò un radicale cambio di rotta delle potenze della Nato nelle questioni diplomatiche con Putin e anche con despoti dal carattere già di per se irascibile quali ad esempio Kim Jung Un e il leader dell'Ayatollah Ali Khamenei.