"Al camposanto ad attenderla c'erano quasi solo donne. Circa duecento donne siciliane a rappresentare le donne di Sicilia. Riunite a manifestare l'orgoglio femminile nell'isola (...) Visi di ragazze e visi di signore attempate. Tutti ugualmente, splendidamente fieri e commossi...". Così, Nando Dalla Chiesa nel libro "Le ribelli": donne derubate dalla mafia della vita dei propri cari; madri, mogli, sorelle, unite da un dolore che piega, ma non fa mai chinare il capo. Indomite combattenti, costrette dagli eventi a divenire paladine di una giustizia negata, contro un sistema che le vorrebbe silenti, sofferenti, arrendevoli.

Donne tenute vive dalla forza rivoluzionaria dei propri sentimenti, donne che sfidano la mafia per amore.

Francesca Serio era una "ribelle", il primo volto dell'antimafia femminile. Era il 16 maggio del 1955 quando la mafia le uccise il figlio, il sindacalista socialista Salvatore Carnevale, intrepido attivista nella battaglia contro l'incontrastato potere dei latifondisti, che nella mafia aveva il suo braccio armato. Francesca sempre al suo fianco, da protagonista. Originaria di Galati Mamertino, in provincia di Messina, rimasta sola, con un bambino e senza marito, si trasferì a Sciara, nel palermitano, dove le fu quotidiano compagno il duro lavoro nei campi. Dopo il delitto, lottò per anni per ottenere giustizia: ad affiancarla Sandro Pertini, a difendere i mafiosi Giovanni Leone.

Carlo Levi, scrivendo di Francesca : "Niente altro esiste di lei e per lei se non questo processo che essa istruisce e svolge da sola, seduta nella sua sedia di fianco al letto: il processo del feudo, della condizione servile contadina, il processo della mafia e dello Stato. (...) le lacrime non sono più lacrime, ma parole e le parole sono pietre".

"Per aver fatto della ricerca della verità sulla morte del figlio Attilio un esempio di linearità etica e un modello per la lotta civile contro le mafie. Impegno cosciente e quotidiano che ha contribuito, nella nostra Sicilia e non solo, a smuovere le coscienze ed indicare ai giovani ed ai meno giovani la strada dell'impegno per la verità e la legalità": con tale motivazione il Premio Francesca Serio è stato assegnato ad Angela Gentile Manca, madre dell'urologo Attilio Manca, "suicida di mafia" nel 2004.

Promossa dal Circolo Socialista Nebroideo Indipendente "Italo Carcione", con la partecipazione dell'Istituto di Cultura Politica per la Questione Siciliana-xQS, della Rete Socialista-Socialismo Europeo della Sicilia, dell'Associazione Nazionale Amici Attilio Manca, col contributo del Comune di Galati Mamertino, la prima edizione del premio ha coinvolto, emozionato, fatto riflettere. A dare spessore all'evento, moderato dalla giornalista Alessandra Serio, gli appassionati interventi del Prof. Fabio Cannizzaro, del Prof. Alfonso Fratacci, della D.ssa Cettina Merlino Parmaliana e dei due scrittori che hanno contribuito a rendere nota la vicenda di Attilio: il Prof. Luciano Armeli Iapichino e il giornalista Luciano Mirone, autori, rispettivamente de "Le vene violate.

Dialogo con l'urologo siciliano ucciso non solo dalla mafia" e "Un 'suicidio' di mafia. La strana morte di Attilio Manca".

Custodi della memoria e della reputazione dei propri cari, depositarie di un doppio coraggio, quello proprio e quello di chi non c'è più: donne costrette ad osare, "pezzo forte della destabilizzazione"sostiene Mirone. Donne che hanno avuto il volto di Francesca Serio. Donne che hanno il volto di Angela Gentile Manca.