Anche un mostro sacro come Marx si sarebbe stupito dell'imponderabile difficoltà di creare plusvalore con la merce umana: nessuna accumulazione capitalistica dietro l'angolo di casa nostra ed anzi contrazione di investimenti e contenimento dei costi a cominciare dal focolare domestico. Con doppio stipendio familiare alla mano, la media borghesia italiana, che prima rincorreva l'inflazione, adesso non riesce nemmeno a battere la deflazione: una sconfitta quotidiana tra balzelli e carrelli di supermercato, tra immobili da mantenere e lavori da rincorrere.
La certezza di un plafond limitato sul conto corrente si mescola all'impotenza di innalzarne il tetto, a tutela e protezione di un ménage a repentaglio diffuso.
Se è vero che 80 italiani su 100 hanno una casa, perché non inventare il canone Rai da presa elettrica? E' dietrofront acclarato quello del sottosegretario Giacomelli: scampata per poco la lampante idea di accendere un'altra voce in bolletta soltanto premendo il telecomando della tv. Come se non bastassero già gli incentivi alle rinnovabili che, da un recente convegno dell'Autorità garante per energia elettrica, gas e sistema idrico, ammontano a quasi il 20% del totale. Aspettiamoci a breve qualche altra alzata d'ingegno dai nostri illuminati tecnocrati: ad ogni lampadina fulminata scatterà l'ammonizione da corto circuito ed una scintillante sostituzione sarà d'obbligo per aver destabilizzato l'intero sistema.
In realtà è il sistema paese ad essere in fase ballerina. Le generazioni dei nostri anziani che mangiavano bucce di patata hanno innalzato il tenore familiare a cascata fino alle loro pensioni riverberate sui figli dei figli, ma da questi ultimi pagate - grazie alla riforma Dini (ndr. Legge 335 del 1995) - con percentuali di rivalse Inps sempre crescenti.
Loro, più o meno vecchi, ora sono privilegiati e badati - molti senza rendersene conto, per ignoranza o senilità - mentre i giovani, privilegiati e badati fino a ieri nella bambagia familiare tipica italiana, fanno i conti con la spending review della loro vita, all'inseguimento di lavori da chimera e di pensioni certamente da tregenda.
Da un lato la riforma ha impedito che alla media dei contributi di 500 euro fino ad allora pagati corrispondesse un'erogazione pensionistica media di 1000 euro, ma dall'altro sta progressivamente depauperando le tasche dei lavoratori, frenando il naturale tornaconto pensionistico, con previsioni tanto nefaste da non essere quasi nemmeno prese in considerazione dalla statistica (gli ultimi esempi, sfornati continuamente per difetto dalle riviste specializzate, segnalano trentenne lavoratore dipendente in pensione con il 49% dell'ultima busta paga o autonomo di 40 anni con non oltre il 34% dell'ultimo stipendio). Peraltro in presenza di una pletora sempre più ridotta di contribuenti.
Se le verosimili ipotesi finanziarie di qualche anno fa riconducevano al 2030 la data in cui il Pil dell'Europa sarebbe stato superato dal Pil dell'Africa, allo stato attuale si avvicina a grandi passi il tempo in cui la vecchia Europa diverrà il continente nero.
Dovrà così decidere se la cenerentola del mondo in cui si trasformerà sarà imprigionata nella torre più alta della Cina emersa o della nuova zucca emergente che la scarrozzerà.
Il Mala tempora currunt dei latini si affianca ad una nuova formula dettata dall'Inps: chi ha dato ha avuto il doppio, chi non avrà ha dato tutto.