In vista delle elezioni europee del 25 maggio 2014, la sinistra - soprattutto quella italiana, persa la una bussola da decenni - si stringeva intorno al nome di Alexis Tsipras. Greco, di Atene, e non ancora quarantenne, Tsipras si presentava - e veniva presentato - come l'ultimo baluardo rosso e come uno dei tanti euroscettici e nemici dell'austerity. Ma il leader di Syriza era molto di più. Rappresentava la voce, l'urlo di protesta di tutto il popolo ellenico, messo in ginocchio dalla crisi, dai suoi errori, e da politiche economiche firmate Ue che di certo non hanno stretto troppo l'occhio alla penisola culla della civiltà occidentale.

La sinistra nostrana tifava apertamente per il suo progetto politico, sognando qualcuno di fare lo stesso in Italia contro un Matteo Renzi "democristiano". L'endorsment di Fausto Bertinotti, Gustavo Zagreblsky, Stefano Rodotà, Michele Serra (giusto per citarne qualcuno) gettava benzina sul fuoco sui dissidi Pd e propria minoranza e Pd e Sel e, più in generale, il mondo 'sinistrorso' made in Italy. Per il rotto della cuffia, la Lista Tsipras ce la fa: 4.03% (quando la soglia di sbarramento per portare parlamentari all'Europarlamento era fissata al 4%) e bottiglie di spumante che schiumano a sinistra. Ma il 40.8% di Renzi offusca tutto.

Tsipras, candidato presidente per la corrente GUE/NGL, ottiene 52 seggi, pari al 6.92%, a livello continentale.

Numeri che - per quanto concerne la lotta all'Europa attuale e alla Troika - si sommano al malcontento incarnato da partiti di destra (anche estrema).

Il 25 gennaio 2015 il trionfo in patria: 36.34%, 149 seggi e la guida del paese (nonostante la mancanza della maggioranza assoluta, che sarebbe scattata con 151 seggi). Quel terremoto che tutti aspettavano - chi sudando freddo e chi con entusiasmo sognante - non è mai arrivato.

Il fantasma del Grexit c'è, ma rimarrà tale con ogni probabilità visto l'accordo ormai certo tra Atene e Ue dopo giorni febbrili. Tsipras, la Grecia, il suo popolo e tutti gli euroscettici sembrano aver perso la battaglia, ma anche la guerra. La rivoluzione non si è consumata.