Quindici anni e tanti sogni infranti da un uomo che con l'inganno l'avrebbe condotta in una trappola. Perché il presunto stupratore, italiano e militare, si è finto un poliziotto, ha puntato la vittima e vedendo che era minorenne, con la scusa di una leggera sbronza come è successo a tutti noi da adolescenti, le ha fatto credere che l'avrebbe condotta in questura e poi si è fatto coprire dal fratello, accusato di favoreggiamento.
Una crudeltà architettata lucidamente che non dovrebbe lasciare spazio ad alcuna giustificazione. Sul web, però, c'è chi prende le parti del militare con il solito ritornello che spesso sentiamo quando una donna viene stuprata: "se l'è cercata!".
Forse una ragazza non dovrebbe uscire con le amiche la sera nemmeno per vedere i fuochi d'artificio di una festa patronale? Cantava Edoardo Bennato nel lontano 1983: "Se una ragazza vuole di sera andare sola per strada non lo può fare non è corretto che non sia accompagnata [...] È un incantesimo strano che la colpisce da sempre mentre il duemila non è più tanto lontano [...] Sola per strada col suo sorriso e chi può farle male se ci saranno mille ragazze che la vorranno imitare". Sono passati più di 30 anni eppure ancora oggi c'è chi scrive su Facebook "di notte escono solo le mignotte".
Forse ha anche sbagliato a fidarsi di un militare? Eppure a noi donne, sin da bambine, ci insegnano a nutrire fiducia verso le forze dell'ordine perché considerate creature delicate che hanno bisogno di forti braccia maschili. Chi più delle autorità rappresenta il potere maschile?
Il web pare diventato una piazza virtuale di un piccolo paesino con commenti che sembrano usciti dai tempi del romanzo "Volevo i pantaloni" di Lara Cardella. Dunque, c'è chi insinua pure che era vestita in modo provocante, che lei fosse sicuramente una ragazza facile come i media descrivono le adolescenti di oggi.
Si chiama victim-blaming e colpisce solo le vittime di stupro. Per nessun altro tipo di reato la vittima viene accusata di aver fatto di tutto per esporsi. Questo atteggiamento fino a poco tempo fa veniva perpetrato anche nei tribunali, fino al vicino 1996 quando il reato di stupro è diventato reato contro la persona.
Eppure si percepisce ancora quel disprezzo tipico di una società maschilista dura a morire. Ma non siamo né in India né in Iraq. E allora perché un abito corto o una libertà femminile non vengono date per scontate nemmeno qui ma, anzi, diventano pretesti per armare la mano di un uomo?
Poco più di una settimana fa al Family Day c'è chi ha detto che è comprensibile che il marito uccida una moglie che non lo ami più. I lunghi anni di lotte femministe non sono riusciti a cancellare quella tendenza sessista a non accettare il "no" di una donna o a contrastare quella mentalità secondo cui un uomo che ha esperienze sessuali viene elogiato, mentre la donna a parità di comportamento viene fortemente riprovata. Più di uno stupratore.
Immagino uno ad uno chi ha insultato questa ragazzina. Potrebbe essere il vicino di casa, la professoressa, il panettiere, il medico di famiglia e potrebbero avere figlie della sua età. Forse la vittima è stata punita per aver osato denunciare un italiano e quindi per aver rivelato che anche i nostri connazionali sono violenti quanto chi ospitiamo?
Se guardiamo alle statistiche nazionali, sono milioni le donne italiane che hanno subito uno stupro. Numeri altissimi considerando che circa il 91,6% delle donne non denuncia (Istat 2006). Spesso per vergogna ma anche per scarsa fiducia nelle istituzioni. Infatti, guardando la cartina europea, in una ricerca dell'Agenzia dell'Unione Europea per i diritti fondamentali presentata nel 2014 al Parlamento di Bruxelles, l'Italia è uno dei Paesi col minor tasso di denunce per violenze di genere.
Ma come si fa ad incoraggiare alla denuncia di questi crimini se si insegna ancora alle donne che sono responsabili delle reazioni maschili poiché potevano evitarlo? Se le vittime vengono trasformate in carnefici c'è anche il rischio di aggiungere altro dolore a quello già causato dallo stupro, come è accaduto ad una ragazza che poco tempo fa si tolse la vita perché nessuno la credeva e perché il tribunale ha costretto la famiglia a risarcire il suo violentatore.