Gli italiani assistono da un po' di tempo, esterrefatti, allo show quotidiano politico-mediatico della diatriba tra il Governo greco ed i vertici dell'Unione Europea. All'ordine del giorno abbiamo sorrisi smaglianti verso le telecamere e colpi duri sotto la cintura dietro l'angolo, quando nessuno li riprende. Sembra di essere tornati sui banchi di scuola e la scena somiglia tra l'altro ad un'altra già vista qualche anno fa con diversi interlocutori e protagonisti, a noi comunque noti. E'oggi evidente a tutti i telespettatori e ai radioascoltatori che la Grecia non ha fatto bene i compiti a casa e che l'Unione Europea non perde occasione per bacchettarla, rimandarla a settembre o addirittura per bocciarla e poi espellerla inesorabilmente dalla classe dei più bravi.

E' una "buona scuola" questa? Ma è un gioco o ci dimentichiamo veramente che è in gioco la vita e la dignità delle persone? Stiamo scambiando la Grecia per un esperimento economico-finanziario o vogliamo veramente mostrare lo scalpo greco ai Paesi membri dell'Unione Europea immolandolo alla causa del rigore contabile e del fallimento inevitabile?

Ci dimentichiamo che, se è vero che i governi passati in Grecia hanno forzato la mano sui propri bilanci pur di entrare tra i Paesi membri di questo fantastico Continente, lo hanno fatto perché pensavano di curare nel bene l'interesse dei propri cittadini i quali erano ignari delle miopi strategie dei loro rappresentanti ed erano invece certi di poter auspicare per i propri figli un futuro migliore.

Ma è giusto punire un popolo perché la sua classe dirigente ha commesso degli errori nel passato? E' giusto far cadere le colpe delle vecchie generazioni sulle nuove le quali subiranno gli effetti negativi per decenni? La Grecia non può diventare il capro espiatorio di tutti quei Paesi, incluso il nostro, che non hanno i conti pubblici in ordine e che necessitano di un bell'esemplare appeso e sacrificato a testimonianza del fatto che la contabilità pubblica in Europa è una cosa seria.

Sarebbe invece utile fare un "mea culpa" europeo per il consenso a dir poco superficiale dato all'ingresso in UE di nuovi Paesi nel passato e comportarsi di conseguenza come una Federazione di Stati anche senza ancora realmente esserlo. Siamo alla prova del nove, per capire se essere cittadini europei è un valore aggiunto, come raccontarono alla mia generazione di ragazzi qualche decennio fa con i programmi super sponsorizzati come "I giovani incontrano l'Europa" oppure è stata tutta una barzelletta.

Le istituzioni finanziarie europee come la BCE hanno iniziato a fare con Mario Draghi e con il Q.E. (Quantitative Easing) qualcosa di positivo che non era mai stato fatto prima e tantomeno pianificato ma hanno bisogno di chiarire meglio il loro mandato nelle carte istitutive. I beneficiari del lavoro di queste organizzazioni sono veramente i cittadini europei? Tutti e sempre?

L'obiettivo principe dell'azione di queste istituzioni è l'interesse della popolazione? Siamo comunque sicuri che si aprirà questo tipo di dibattito che consentirà al nostro Continente di maturare, al di là della maggiore o minore sensibilità e capacità dei manager o dei vertici di oggi o di domani, e di rafforzare la propria credibilità agli occhi dei cittadini europei "in primis" e solo conseguentemente dei mercati finanziari sempre pronti a speculare su ogni fragilità di chiunque, purché questa consenta di fare margini di profitto a qualcuno ai danni di altri.

Tirare fuori i greci dal tunnel ed imboccare una nuova strada dove la finanza conti meno dell'economia reale, del reddito, della piena occupazione, del pianeta e della gente è una conseguenza pratica delle esortazioni riportate sulla prima Enciclica di Papa Francesco ma anche un atteggiamento di buon senso e responsabile di lungo respiro.