Sono giorni di terrore, giorni in cui la morte bussa e tu provi a chiudere la porta, ma entra dalla finestra prepotentemente fino a rubarti l’anima, fino a privarti della tranquillità di un caffè in un bar, di un’ora di musica e di spensieratezza, di un coro allo stadio per sostenere la tua squadra del cuore, con il timore di partire coi tuoi piedi e poi tornare a brandelli.

Terrore di vivere

Sono giorni di paura, di non vita, perché ti manca il respiro anche se sei all’ aria aperta, perché il terrore uccide anche dentro, ti annienta, ti stende, falcidia i sogni e le speranze, come quelle di Valeria Solesin e di tanti altri come lei, volati in Francia perché volevano un mondo migliore, o semplicemente un futuro da vivere con la gioia degli anni più belli, quelli nei quali ti senti forte come non mai e la speranza è un motore che ti porta lontano alla velocità della luce.

Valeria e quella speranza strappata

Una sera di novembre qualcuno ha spento quel motore, quello di Valeria e di tutte le altre vittime innocenti, qualcuno alimentato dall’odio, dalla rabbia verso qualcosa d’imprecisato, un credo, un ideale, non si sa bene cosa, con l’unica e sola volontà di uccidere, uccidere la libertà, uccidere la gioia di vivere.

Basta violenza, lasciateci vivere

Non ho voglia di perdermi in discorsi politici o religiosi che non mi competono, quello che voglio è tirare fuori questo groviglio che attanaglia l’anima, la mia è quella di tutti noi; quello che voglio è tornare alla vita di tutti i giorni senza pensare che potrei prendere un treno e non arrivare a destinazione, quello che voglio è poter uscire di nuovo a comprare il pane senzaguardarmi intorno impaurita, ciò che desidero più di ogni altra cosaè tornare ad amare, sorridere, esistere.

La violenza di qualsiasi tipo, colore, genere, razza non può essere la normalità, non può essere consuetudine, ma è una bestia rara da estirpare, non con la stessa moneta. Non so bene con che cosa, so solo che questo mondo così non mi piace, ma per ora è l’unico disponibile. L’unico nel quale possiamo e vogliamo vivere. Consentitecelo, per favore.