Abbiamo sentito in questi giorni l'articolata requisitoria del pubblico ministero Oscar Cedrangolo, a proposito del delitto di Chiara Poggi, nel processo contro Alberto Stasi a proposito della condanna. "In questa sede non si giudicano gli imputati, ma le sentenze. Io non sono in grado di stabilire se Alberto Stasi è colpevole o innocente. E nemmeno voi, ma insieme possiamo stabilire se la sentenza è fatta bene o fatta male. A me pare che la sentenza sia da annullare".

Quando la legge prevale sulla giustizia

Ora esaminiamo queste conclusioni. Che cosa significa: “Una sentenza è fatta bene o fatta male?".

Si può essere forbiti e capziosi ma alla fine, di cosa stiamo parlando? Una sentenza è fatta male: ci sono errori grammaticali? Cioè sintassi e ortografia non vanno? Manca la punteggiatura? Lo stile è un po' arcaico per il gusto giudiziario moderno? Una bella sentenza che manda in galera un innocente, o viceversa quella in cui un colpevole, con belle parole e fatti non sussistenti o non costituenti reato, viene scarcerato. Di quella io mi preoccuperei: quelle sono le sentenze pericolose che il signor Cedrangolo, e molti suoi colleghi, forse non considerano nella giusta dimensione. Dopo otto anni c'era la prospettiva di un nuovo processo: e se da questo favoleggiato nuovo processo fosse venuta una sentenza perfetta di quelle legislativamente sublimi, costruita su logiche ferree e paradossi risolti, ma completamente errata dal punto di vista dello svolgimento reale dei fatti?

Le leggi possono essere giuste osbagliate

Le leggi devono fornirci una guida verso l'amministrazione della giustizia ma considerare il loro valore assoluto a discapito dell'evidenza e del buon senso può essere pericoloso. Sono esistite leggi razziali, leggi che garantivano la schiavitù, leggi per cui le donne non venivano ammesse a votare, leggi per cui venivano lapidate a prescindere, leggi che non consentivano agli uomini di cambiare sede e professione, leggi in cui giacere con la moglie di qualcun altro era condannabile con la pena di morte, leggi in cui giacere con la moglie di qualcun altro, era invece un diritto per determinati "ceti sociali".

Dare valore assoluto al sistema legislativo, godere delle belle sentenze, a prescindere dalla verità delle cose è pericoloso e stolto.

Le sentenze del sistema giudiziario nazista erano sapientemente redatte, documentate, eppure hanno prodotto quanto di più vergognoso e tragico la nostra civiltà ha vissuto nel corso dei millenni.

Il sistema giudiziario di Stalin era di un'efficienza quasi impareggiabile: gran parte degli imputati firmavano già la propria confessione in un'aula della Lubjanca, forse riscaldata per l'occasione. Le sentenze che ne seguivano erano semplici e ben formulate: i condannati rei confessi subivano spesso la “decina” i dieci anni di Gulag, e avevano poi tempo a sufficienza per riflettere su tali sentenze.

Ripeto: non voglio esaminare la giustizia o meno della condanna di Stasi, che è quello che dovremmo però avere a cuore. Tuttavia sono stato colpito dalle parole di Cedrangolo e da questo tipo di atteggiamento che dovrebbe farci riflettere, che dovrebbe far scattare un ulteriore campanello d'allarme su quanto sta succedendo nel nostro sistema giudiziario: al di là della lunghezza dei processi, al di fuori della non certezza della pena e dell'indifferenza nei confronti delle vittime. Ttutto ciò spesso, a favore dell'attenzione ostentata verso coloro che queste vittime le hanno invece create.