E così la Tecnologia fa un altro passo nelle nostre vite. Stavolta il bersaglio sono i bambini, tra i sette e i dodici anni (come indicato dal colosso americano); vero è che i bambini di oggi, nati in un mondo più tecnologico, sono quindi più propensi all’uso di apparecchiature tecnologiche. Così il colosso americano amazon ha creato un nuovo prodotto che si chiama Rapids, in sostanza è una fiaba raccontata a mo’ di chat, prevede anche un certo grado di interazione: i bambini potranno fare domande, potranno chiedere che la storia continui, e la fiaba viene diluita e raccontata in modo diverso, come se fosse una conversazione, come un qualsiasi scambio di messaggi, a cui siamo tutti abituati.

Il servizio è naturalmente a pagamento, offre un periodo di prova, e il costo di circa tre dollari al mese. Le implicazioni pedagogiche e sociali sono molteplici: se da una parte è vero che l’attenzione dei bambini è più facilmente catturata da uno smartphone, o comunque da tutto ciò che riguarda la tecnologia: smartphone, tablet, computer, videogiochi ecc.

Dall’altra c’è il costante e subdolo inganno di quest’ultima, che spesso inaridisce i rapporti umani, mancando di empatia. Si corre il rischio di crescere, quindi, una prossima generazione così abituata al freddo tocco di un display, da non concepire i rapporti umani fatti di sorrisi e contatto di pelle. Questo già accade con gli adulti, che però hanno ancora una reminiscenza di quando le persone contavano più di un telefono; ma quella che potremmo definire la singolarità (ossia tutti uguali, tutti omologati, tutti asserviti a quegli apparecchi che erano nati con lo scopo di servirci) sta appiattendo e ridimensionando, in qualche modo, i rapporti umani.

L’idea di Amazon è senza dubbio eccellente, all’avanguardia, funzionale, innovativa e volta al futuro, ma cosa ci racconta di questo futuro? Un genitore che non racconta la favola della buonanotte al proprio figlio, che gli piazza un telefono in mano per vedere la partita. Ecco cosa immaginiamo. E dai meno piccoli cosa dovremmo aspettarci?

Che invece di voler giocare al pallone con l’amichetto di turno, se ne starà sul divano a conversare con un software. Già la tecnologia ha di fatto allontanato le persone, anche i più giovani (che ormai comunicano quasi esclusivamente via internet), ma è saggio educarli fin da piccoli all’interazione con amici fatti di circuiti e display, piuttosto che quelli in carne, ossa, sentimenti ed emozioni?