Non è la prima tragedia aerea che colpisce il mondo del calcio: noi italiani lo sappiamo bene, avendo provato questo dolore sulla nostra pelle in quel tragico 1949, con la scomparsa del Grande Torino di Valentino Mazzola a Superga. Anche oltremanica hanno vissuto una tragedia simile, quando nel 1958 si schiantò l'aereo del grande Manchester United di Sir Matt Busby a Monaco di Baviera.

Quella che ha colpito la squadra brasiliana del Chapecoense è la più grande tragedia di questo genere nell'epoca contemporanea, cioè quella del calcio globalizzato, del calcio-business e del calcio-entertainment.

Anche per questo motivo, avendo ora la possibilità di venire a conoscenza di fatti ed eventi in tempo reale, ci sentiamo tutti indistintamente colpiti. Inevitabilmente ciascuno di noi ha provato, almeno per un istante, ad immaginare cosa sarebbe successo se al posto della bella e sfortunata Chapecoense ci fosse stata la nostra squadra del cuore: pensate se fosse accaduto a Juventus, Milan, Roma, oppure alla nostra matricola di successo, il Chievo.

Saremmo rimasti attoniti, pietrificati dal dolore di una perdita lacerante, terribile e incomprensibile. Sarebbe stato certamente così, perché per ogni tifoso la squadra del cuore ed ogni singolo giocatore è come se fosse un figlio, padre o fratello, oppure un caro compagno di scuola.

Il riferimento alla scuola non è casuale, perché crediamo che per ogni tifoso dei biancoverdi brasiliani, questo dramma sia stato come la perdita dell'infanzia, dell'innocenza: con la caduta dell'aereo è come se fossero caduti tutti i loro sogni di gioventù, per entrare brutalmente nell'età "adulta", vale a dire quella della consapevolezza che anche i nostri amati eroi della domenica possono lasciarci per sempre.

Anche da qui però, da un immane shock come quello che si è abbattuto sul calcio brasiliano, può nascere un germoglio di speranza, di futuro. Innanzitutto da quella manciata di superstiti sopravvissuti allo schianto; poche ma solide basi sulle quali dovrà e potrà rinascere la nuova Chapecoense: Dio solo sa quanta forza, quanto desiderio di rivalsa possano avere questi uomini, per trascinare fuori dal dramma una squadra intera, e tenere vivo il ricordo dei colleghi e amici scomparsi.

Sì, perché questa tragedia consegna la giovane società della piccola città di Chapeco, stato di Santa Catarina, non solo alla storia, ma all'immortalità.

E quando tra qualche anno, nel bel mezzo delle quotidiane beghe del nostro amato condominio chiamato Serie A (leggasi polemiche sugli arbitri, litigi tra presidenti, o l'ennesimo esonero di Zamparini), ci arriverà all'orecchio la notizia di una vittoria, di una promozione, o semplicemente di un gol della fu - ora più che mai - Chapecoense, non potremo trattenere un sorriso affettuoso, un'esultanza interiore. In quel momento non potremo che pensare: bentornati ragazzi!