Da troppi anni vige una sola regola in casa Inter, quella del caos. Ogni anno è quello della svolta e puntualmente si ritorna al punto di partenza. E allora ecco rimbalzare mille teorie sul perché di questa crisi -annunciata addirittura a luglio- e poi puntualmente confermata dai verdetti sportivi. Quasi ogni settimana uno scoop, uno scandalo, dissapori con la curva oppure “lotte di potere interne” che possono solo essere immaginate da chi ne sta fuori. Ottimo materiale da notizia che ha contribuito, con buone colpe della società, a sgretolare convinzioni e fiducia di un intero ambiente che da fuori appare allo sbando.
Ed è stato proprio questo l’errore (il primo e forse il più grave) di una dirigenza fresca di passaggio di consegne: l’errore di non aver imposto dei filtri tra essa e i media, e di conseguenza tifoseria e opinione pubblica. L’ufficio stampa nerazzurro dovrebbe rifletterci su, al fronte di tante polemiche inutili e anti-costruttive che ne hanno leso l'immagine. Quando ammetti le tue debolezze puoi solo aspettarti il linciaggio mediatico in Italia, e non solo, funziona così da secoli. Sin qui non è stata spesa una sola parola di calcio. Ed è proprio qui che risiede l’altro problema: non si è mai parlato di calcio, ma soltanto di interessi.
Il problema dell’Inter è tecnico e sportivo ancor prima che dirigenziale.
Tanti cambi ma mai un progetto degno di questo nome, con la pretesa che questo o quel tecnico abbia la bacchetta magica; ma è facile immaginare a chi possa far comodo il gioco dell’allenatore capro espiatorio. E’ realistico credere che tutti gli uomini che si sono susseguiti sulla panchina più scottante d’Italia siano degli incapaci?
Troppo facile accusare De Boer,catapultato in una realtà caotica e inerme di fronte agli attacchi giunti da ogni direzione. La sua nomina –in attesa, forse, di un certo Simeone nel 2018- non poteva generare entusiasmi ma soltanto perplessità: che senso ha parlare di punti fermi quando sai già che l’attuale tecnico, pallino di Suning e soci, dovrà cedere il posto?
Il risultato è che, dopo tanti proclami, il contratto dell’olandese verrà rescisso dopo nemmeno 90 giorni di “apprendistato” nel campionato italiano. Troppo poco per giudicare.
FdB è stato pagato per fare delle scelte e ha avuto coraggio anche nei suoi sbagli. E’ vero, mancano ancora due terzi abbondanti di stagione e tutto appare irrimediabilmente compromesso. Avrebbe avuto più senso, invece di applicare la “clausola parafulmine” sul bonus rescissione, avere quella sana dose di testardaggine e continuare con il tecnico prediletto dai piani alti, a costo di fare affondare la nave. Sarebbe stato ancora meglio (ammesso che Simeone verrà davvero) apparecchiare la tavola a un grande tecnico, mettendogli a disposizione una squadra giovane ma pronta.
Invece la prima squadra viene affidata al vice, Stefano Vecchi, in attesa di aggiungere al libro paga un traghettatore. Un altro.
Da Moratti a Thohir passando per zhang, sarebbe stato folle aspettarsi un exploit nel giro di tre anni. Il gruppo Suning ha il merito di aver costruito una base solida per il futuro con l'appianamento dei debiti e l'ampliamento del portafoglio societario: elemento non da poco, che garantirà budget e monte ingaggi elevati. In aggiunta a questo, qualche attività di gestione: rilancio del marchio, esportazione nei mercati orientali, ma nulla dal punto di vista calcistico.
Fatte le dovute considerazioni, perché avere fretta dopo tante transizioni? Cercare risultati nel breve termine ha portato poco alle milanesi, simbolo di un’arretratezza che il nostro calcio accusa fortemente nei confronti del resto d’Europa.
Per tornare a comandare e rivivere la grandeur di un tempo, bisognerà agire all'unisono, dal primo fino all'ultimo degli addetti ai lavori e imparare a prevenire i mali, non curarli. L’Inter è chiamata, non più tardi di adesso a compiere delle scelte dettate dal raziocinio, ma per i risultati bisognerà stringere i denti e aspettare.